Il diabete giovanile
Vi sono malattie frequenti nella popolazione, di cui si conosce poco e male, per le quali è utile invece una corretta informazione, in particolare se interessano i giovani.
Ci riferiamo in questo caso al diabete di tipo 1 detto anche “giovanile”, perché compare di solito nei giovani. Per fare chiarezza, ci siamo rivolti ad un esperto, che segue giornalmente questi pazienti: il professor Luigi Cattin, direttore della S.C. III Medica dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Trieste, professore associato di Malattie metaboliche dell’Università di Trieste. > PREMESSE “Il diabete – spiega Cattin – è una malattia metabolica dovuta all’aumento della glicemia (glucosio nel sangue). In realtà non si tratta di un’unica malattia, ma di più condizioni morbose tra loro differenti, che condividono la medesima caratteristica rappresentata dall’aumento della glicemia. Esistono per il diabete due grandi tipi: il diabete di tipo 1 e quello di tipo 2, con caratteristiche differenti dal punto di vista epidemiologico e clinico”. Si tratta in generale di una malattia frequente con percentuali che vanno dal 5% al 12% nella popolazione generale, la cui frequenza aumenta con l’età. Dopo i 65 anni infatti 1 soggetto su 8/10 ne è colpito. Si deduce che il problema non è solamente sanitario ma sociale, determinando un consumo del 7% della spesa sanitaria complessiva del nostro Paese. > COMPLICANZE “Il problema – sottolinea l’esperto – è non tanto la pericolosità in sé della malattia, quanto le complicanze croniche che da essa derivano, strettamente dipendenti dall’iperglicemia. Tre esempi di queste complicanze croniche sono: 1) il danno retinico (il diabete rappresenta la causa più frequente di cecità sia nei Paesi sviluppati che in quelli in via di sviluppo); 2) il danno renale (il diabete può complicarsi con insufficienza renale cronica terminale che porta all’emodialisi); 3) il piede diabetico (il diabete rappresenta la causa più frequente di amputazioni non traumatiche degli arti inferiori). Infine, occorre ricordare la complicanza cardiovascolare: il 60% dei diabetici muore per infarto, evento che chiude drammaticamente la vicenda di questa malattia”. Una serie incredibile di complicanze, quindi, dovute essenzialmente all’aumento, prolungato nel tempo, della glicemia. > COMPITO DEL MEDICO Diventa fondamentale, allora, per scongiurare le complicanze croniche, mantenere stabilmente basso il valore della glicemia. A tale riguardo, specifica il primario, “l’obiettivo del medico nei confronti del paziente diabetico deve essere quello di mantenere bassi i livelli glicemici: a digiuno la glicemia dovrebbe essere tra 80 e 110 mg/dl, mentre il valore post-prandiale tra 140 e 160 mg/dl con l’emoglobina glicata inferiore al 7%, avvicinando così il diabete alla condizione di normalità dei valori glicemici giornalieri”. > IL DIABETE DI TIPO 1 Entrando nello specifico del diabete di tipo 1, cosiddetto “giovanile” perché insorge nell’infanzia o nell’adolescenza, è una malattia autoimmunitaria dovuta alla distruzione delle cellule β (beta), ossia a un’aggressione da parte di anticorpi prodotti dallo stesso organismo delle cellule beta pancreatiche che producono insulina, con loro progressiva distruzione. Nella storia clinica della malattia, la distruzione progressiva delle cellule beta che producono insulina determina una carenza assoluta dell’ormone con aumento progressivo della glicemia e comparsa dei sintomi dell’iperglicemia. Per quanto riguarda la prevalenza di questo tipo di diabete, su 10 diabetici 1 ha il diabete di tipo 1 e 9 di tipo 2; infatti la prevalenza del diabete di tipo 1 giovanile è dello 0,5%, cioè 10 volte meno frequente di quello del tipo 2. > I SINTOMI Ma quali sono i sintomi di questa malattia? “La sintomatologia del diabete di tipo 1 – risponde Cattin – è legata all’iperglicemia. Quando si supera la soglia renale per il glucosio (160-170 mg/dl) compare glicosuria, cioè la presenza di glucosio nelle urine. Il glucosio ha una potente attività osmotica e causa un notevole aumento della quantità di urine eliminate nella giornata (poliuria) e da lì la grande sensazione di sete con il bisogno di bere grandi quantità di acqua (polidipsia). Questi possono essere considerati i sintomi-guida del diabete di tipo 1”. > LA DIAGNOSI “Si definisce diabete – chiarisce il professore – quella condizione per cui a digiuno la glicemia supera i 126 mg/dl in almeno due occasioni. Un altro modo per confermare la diagnosi è quella di dosare l’emoglobina glicata: valori uguali o superiori a 6,5% fanno porre diagnosi di diabete”. > LE CAUSE Per fare il punto: il diabete di tipo 1 colpisce prevalentemente i giovani, nella percentuale dello 0,5% della popolazione, è una malattia autoimmunitaria, in cui è alterato il sistema immunitario del soggetto. La fase clinica della malattia compare quando almeno l’80% delle cellule beta del pancreas sono state distrutte. Ma quali sono le condizioni che la determinano? “Vi è – precisa Cattin – una predisposizione genetica alla malattia, anche se il diabete di tipo 1 non è una malattia genetica; quella che si eredita dai nostri genitori è la predisposizione all’autoimmunità, non solo al diabete di tipo 1 dunque, ma anche ad esempio all’ipotiroidismo o alla vitiligine o ancora alla celiachia. Si parla dunque di malattia di organismo e non di organo, perché interessa il sistema immunitario dell’organismo. Per esemplificare, se il diabete di tipo 1 fosse una malattia genetica, nel caso colpisse uno di 2 gemelli monocoriali (geneticamente identici) l’altro avrebbe una probabilità prossima al 100% di sviluppare la stessa malattia; in realtà il rischio che anche l’altro gemello diventi diabetico non supera il 35%, mentre scende al 5% per fratelli non gemelli e al 3-5% per i figli rispettivamente di madre o di padre diabetici di tipo 1”. “Vi è quindi una base o meglio una predisposizione genetica, ma non si tratta – ribadisce – di una malattia genetica. Quello che si eredita è la predisposizione genetica cui si sovrappone una causa scatenante, ad esempio una malattia virale: sono noti da molti decenni i rapporti tra virus e diabete. Altre cause scatenanti possono essere riconducibili ad inquinanti ambientali”. > LE CURE “Curare questa malattia – assicura il professore – si può; ci sono svariati efficaci strumenti per farlo. Mancando l’insulina, questa va somministrata con iniezione sottocutanea; si tratta dunque di una terapia sostitutiva, in cui si cerca di imitare la natura mediante un’insulina ad azione lenta che forma la base della terapia sostitutiva, cui si aggiungono i boli di insulina ad azione immediata ai pasti (basale con boli). In altre parole, il diabetico si autosomministra un’insulina ad azione prolungata, cui deve aggiungere un bolo di insulina ad azione rapida prima dei pasti; ogni volta che una persona mangia aumentano i livelli di glicemia, questo aumento viene controllato dall’autosomministrazione di una dose adeguata (alla quantità di carboidrati e alla glicemia misurata in quel momento) di insulina ad azione rapida (prandiale o dei pasti), che agisce immediatamente. Quindi il diabetico impara a somministrarsi una dose di insulina basale, di solito alla sera, oltre ai boli di insulina pronta prima dei pasti”. > L’EDUCAZIONE ALLA GESTIONE DELLA MALATTIA Diventa quindi necessario insegnare ai più giovani, affetti da tale malattia, a gestire il loro diabete e a viverlo con serenità, senza ansie o preoccupazioni eccessive. A tale proposito la nostra Regione sostiene annualmente dei campi scuola estivi con l’obiettivo di insegnare ai giovani il controllo della propria malattia attraverso il corretto uso della terapia insulinica sostitutiva e corretti principi di educazione sanitaria ed alimentare. Nei campi scuola si insegna l’autocontrollo della glicemia giornaliera e la corretta gestione della terapia insulinica basale e preprandiale: i giovani imparano a gestire le dosi di insulina prima dei pasti in base alla glicemia del momento e a ciò che mangeranno; in altre parole i ragazzi imparano il calcolo dei carboidrati, cioè a calcolare la quantità di carboidrati ingerita, che l’insulina controllerà in modo tale da impedire alla glicemia di aumentare troppo. I carboidrati sono quelli semplici come lo zucchero e quelli complessi presenti negli amidi (pasta, riso, pane, biscotti ecc.) e nella frutta. L’insulina serve proprio a metabolizzare i carboidrati per mantenere costante la glicemia. > GLI SVILUPPI FUTURI “Il presente, per la cura della malattia, è piuttosto buono, ma il prossimo futuro – rivela Cattin – porterà grandi innovazioni, come ad esempio il trapianto di “isole” (isole di Langerhans, situate nel pancreas) che producono insulina. La biologia molecolare ci darà la possibilità di trapiantare cellule βeta ingegnerizzate, che controllano la glicemia senza il problema del rigetto”. “Inoltre – conclude – si stanno studiando mini pancreas artificiali meccanici, che percepiscono i livelli di glicemia e li comunicano ad un computer, che comanda la somministrazione automatica della quantità giusta di insulina”. Virna Balanzin