Scandalo Banca Etruria: ecco come la Boschi ha contribuito a salvare il papà
La chiave di volta per comprendere il conflitto di interessi che coinvolge il Ministro per le Riforme Maria Elena Boschi è da ascrivere al Consiglio dei Ministri del 10 settembre 2015.
Fino a quella data l'art.72 del Testo Unico Bancario (TUB) prevedeva che in caso di commissariamento di una banca "l'esercizio dell'azione sociale di responsabilità contro i membri dei disciolti organi amministrativi e di controllo ed il direttore generale, nonché dell'azione contro il soggetto incaricato della revisione legale dei conti o della revisione, spetta ai commissari straordinari, sentito il comitato di sorveglianza, previa autorizzazione della Banca d'Italia".
Nel CDM del 10/09/2015 questo articolo viene modificato e al testo vengono aggiunte tre parole "L'esercizio dell'azione sociale di responsabilità e quella dei creditori sociali contro i membri degli organi amministrativi di controllo e il direttore generale, dell'azione contro il soggetto incaricato della revisione legale dei conti, nonché dell'azione del creditore sociale contro la società o l'ente che esercita l'attività di direzione e coordinamento spetta ai commissari straordinari speciali sentito il comitato di sorveglianza, previa autorizzazione della banca d'Italia".
Per chi non avesse capito: fino a quel giorno i creditori sociali potevano proporre azione di responsabilità nei confronti del presidente della Banca Etruria (Lorenzo Rosi), del vicepresidente Pier Luigi Boschi e degli altri membri del CdA. Ma non solo: potevano anche rivalersi su di loro, chiedendo il sequestro di proprietà immobiliari e il blocco dei conti corrente a loro intestati.
Quelle tre parole cambiano profondamente il rapporto tra il creditore sociale e gli amministratori, che possono essere oggi chiamati in causa solo dai commissari straordinari.
Ed è questo dato, sommato alla circostanza che al Consiglio dei Ministri fosse presente la figlia di un beneficiario della norma e che i commissari straordinari saranno la Banca d'Italia in accordo col Ministro dell'Economia seduto al fianco della figlia di uno dei responsabili del crac del plurisecolare istituto aretino, a far gridare allo scandalo e allo spudorato conflitto d'interessi.
La scusa dei renziani relativa all'obbligo di recepimento di una direttiva UE, inoltre, non sta in piedi, perché quelle tre parole (che nulla hanno a che fare con la direttiva richiamata) sono state aggiunte in maniera furtiva e non richiesta dall'Europa. Nella direttiva, per dirla tutta, era anzi previsto un rafforzamento del diritto di rivalsa sugli amministratori infedeli.