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Daria Nepriakhina

Città ecosostenibili: Masdar, un esempio per il futuro

 |  redazionehelp

Si chiama Madinat Masdar ed è “la città sorgente”, la città del futuro.

Masdar City è la prima città totalmente sostenibile al mondo: zero CO2, zero auto, zero rifiuti, in altre parole sei milioni di metri quadri di sostenibilità, che di qui a dieci anni rivoluzioneranno il concetto di complesso urbano. La città, che nasce da un progetto guidato dall’Abu Dhabi Future Energy Company (ADFEC) e disegnata dallo studio di architettura londinese Foster & Partners (www.masdarcity.ae), si trova a 30 km ad est di Abu Dhabi, capitale degli Emirati Arabi Uniti, in posizione strategica per i collegamenti ferroviari ed aeroportuali.
A lanciare il progetto miliardario “Masdar initiative”, su mandato del governo, è stato il sultano Ahmed Al Jaber, Chief Executive Officer dell’Abu Dhabi Future Energy Company, che ha dichiarato che una città verde con cui Abu Dhabi possa rispondere alla domanda globale di nuove tecnologie energetiche sostenibili, è sempre stato il desiderio del sovrano precedente. Ed è un paradosso se si mettono a confronto proprio Abu Dhabi e Masdar, due città geograficamente vicine, ma concettualmente distanti. La prima è un vero e proprio puntaspilli, fatto di grattacieli nonché un luccicante monumento all’opulenza petrolifera, nel Golfo Persico; la seconda è un quadrato perfetto, nel deserto arabo ed è costruita secondo i rigidi parametri dell’ecosostenibilità. La prima città esiste da 220 anni, la seconda è ancora in costruzione e si pensa ci vogliano dieci anni per completarla.
Nonostante i primi mattoni siano stati posati, nonostante il cuore scientifico della futura città stia già battendo, Masdar City non sarà pienamente operativa prima del 2020, anno in cui si stima si insedieranno 50.000 persone. Nel frattempo la sua vicina spendacciona, continuerà ad espandersi in altezza e le trivelle petrolifere prosciugheranno ancora la crosta terreste, ma dal 2020 saranno circa 60.000 i pendolari, che si sposteranno quotidianamente da Abu Dhabi verso Masdar per lavorare presso una delle 1.500 imprese ivi ospitate.
Masdar City sarà alimentata per il 90% da pannelli fotovoltaici, che saranno situati in una centrale solare ampia ventuno ettari, costruita appena fuori il perimetro urbano. L’energia sufficiente sarà garantita anche da impianti eolici e termali, che insieme a quelli solari faranno risparmiare nei prossimi 25 anni oltre due miliardi di dollari di petrolio. Le strade saranno progettate in modo da favorire gli spostamenti a piedi e in bicicletta e le auto saranno bandite. Quest’ultime saranno infatti sostituite da 2.500 vetture elettriche a emissioni zero, progettate tra l’altro in Italia, che si muoveranno lungo una rete definita di binari ed effettueranno 150.000 itinerari al giorno. Saranno come dei taxi, ma automatici e senza conduttori, bensì con dei rilevatori magnetici che permetteranno a queste navette di muoversi liberamente lungo una griglia di percorsi prestabiliti.
E chi arriva in macchina o in moto da Abu-Dhabi? Rimane fuori poiché Masdar City sarà protetta da vere e proprie mura, che impediranno l’accesso a qualsiasi oggetto inquinante.  Gli angusti spazi tra gli edifici serviranno inoltre a favorire la ventilazione delle strade, a cui contribuirà anche la Wind Tower posta al centro della piazza principale. Si tratta di una struttura conica che sfrutterà le correnti d’aria che sorvolano gli edifici per ventilare gli ambienti cittadini e, grazie a pannelli ondulati simili a terracotta, che ricopriranno le pareti degli edifici residenziali, sarà possibile schermare ogni casa dal sole lasciando passare la brezza, senza aver bisogno di condizionatori. Per quanto riguarda l’acqua, sarà fornita da un impianto di desalinizzazione alimentato dal sole ed il 99% dei rifiuti sarà riusato, riciclato, finirà in compostaggio e termovalorizzatori.
Alla luce di questi dettagli sbalorditivi, Masdar ha già ricevuto vari premi, tra i quali il primo World Clean Energy Award nel 2007 dalla Transatlantic 21 Association di Basilea, Svizzera. Nello stesso anno grazie al suo design, la città è stata eletta “Regione sostenibile / città dell’anno” all’Euromoney and Ernst & Young’s Global Renewable Energy Awards.
Questo progetto, unico ed innovativo, dimostra da un lato come sia possibile costruire in modo ecosostenibile, rispettando l’ambiente e risparmiando in bolletta, ma rivela dall’altro quella che è la vera sfida per i Paesi già altamente urbanizzati: non costruire nuove città dal nulla con i mattoncini lego, ma trasformare quelle attuali integrando gli elementi della sostenibilità. Per fare ciò bisogna vincere non solo la sfida tecnologica e delle risorse, ma anche quella del verde ed il primo passo in questo senso è sicuramente quello di aumentare le superfici vegetali in città. Pubblico o privato purché sia verde, il sogno di chi vive in città è il verde sul tetto.
E anche New York ha la sua nuova oasi metropolitana, per fare un pic-nic tra i grattacieli di Manhattan. Si tratta dell’Hypar Pavillon, una grande zolla verde, che diventa la nuova copertura eco-architettonica della corte del Lincoln Center. “Ci hanno chiesto di disegnare un ristorante. Per non sacrificare spazio pubblico lo abbiamo ricoperto con un prato a disposizione di tutti”, spiegano i progettisti dello studio Diller Scofidio + Renfro. Un’idea ingegnosa, una soluzione intelligente, che anche l’artista austriaco Paul Flora nel 1977 aveva immaginato e rappresentato in alcune delle sue geniali illustrazioni e che sicuramente ha ispirato anche Edouard François nella progettazione delle sua “green tower” a Parigi. Secondo la fiera parigina Maison & Objet, François è infatti l’architetto ecologista dell’anno grazie alla realizzazione della Tower Flower: vasi di grandi dimensioni, inseriti in appositi fori e visibili all’intradosso di ogni piano, scandiscono le facciate dell’edificio residenziale parigino.
In un’epoca in cui l’ambiente è sempre più un tema di pressante riflessione, una progettazione sensibile alle conseguenze che l’opera costruita può avere sul paesaggio urbano e naturale, pare ormai assolutamente necessaria e doverosa, non solo per intraprendere nuove sfide progettuali, ma anche per acquisire una maggiore responsabilità nei confronti del mondo naturale, che abbiamo il dovere di conoscere e rispettare e che ci può fornire insospettabili garanzie per una qualità della vita realmente migliore.
Martina Pluda


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