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Jasmin Schreiber

Shelf-life: quanto tempo “vivono” gli alimenti?

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Per chi suona uno strumento musicale l’orecchio è tutto. Per un calciatore professionista fare goal è determinante. Per il falegname è fondamentale avere un’ottima manualità. Invece per chi fa semplicemente la spesa al negozio di alimentari, è importante conoscere o leggere la shelf-life degli alimenti.

Cos’è la shelf-life? “è l’intervallo di tempo – risponde Alberto Rumignani, inserito in un gruppo di ricerca del Dipartimento di Scienze degli alimenti dell’Università di Udine – durante il quale l’alimento mantiene un livello di qualità, così come specificato nel Decreto legislativo 23 giugno 2003 n. 181 e che rappresenta l’attuazione della Direttiva 2000/13/CE sull’etichettatura e presentazione dei prodotti alimentari. In altri termini quando facciamo la spesa dobbiamo leggere bene l’etichetta del prodotto esposto perché solo così saremo certi della sua commestibilità”. Quali alimenti riguarda la shelf-life? “Sostanzialmente tutti gli alimenti, così come definito dall’art. 8 del D.Lgs. n° 181 del 23 giugno 2003. Rientrano i prodotti surgelati, i congelati, gli alimenti del banco frigo e tutto ciò che troviamo sugli scaffali dei supermercati, ovvero conservati a temperatura ambiente, come le marmellate, i biscotti, la frutta sciroppata, i vegetali sott’olio o sott’aceto, la carne e il pesce in scatola. Il decreto esprime riguardo a questi alimenti due diversi e importantissimi concetti quali: il termine minimo di conservazione e la data di scadenza. Essi definiscono la shelf-life e, a seconda dell’alimento confezionato, sono indicati o l’uno o l’altra”. Cosa rappresenta il termine minimo di conservazione? “è un’indicazione temporale così definita dall’art. 8 del D.Lgs. n° 181: «il termine minimo di conservazione è la data fino alla quale il prodotto alimentare conserva le sue proprietà specifiche in adeguate condizioni di conservazione»; esso va indicato con la dicitura “da consumarsi preferibilmente entro”. Il termine minimo di conservazione si applica a prodotti relativamente stabili o, per lo meno, a prodotti la cui eventuale alterazione non nuoce alla salute dell’uomo”. E la data di scadenza? “Si tratta della data che deve essere indicata, come specificato dall’art. 9 del D.Lgs. n° 181, «sui prodotti preconfezionati, rapidamente deperibili dal punto di vista microbiologico e che possono costituire, dopo breve tempo, un pericolo per la salute umana». In altri termini è la data oltre la quale il cibo non è più idoneo al consumo. La data di scadenza deve essere preceduta dalla dicitura “da consumarsi entro il” e, accanto a essa, debbono essere riportate le condizioni da osservare per la conservazione”. Per giungere alla definizione della shelf-life dei diversi prodotti alimentari, sono stati individuati dei parametri relativi al colore, all’odore e alla consistenza dell’alimento? “Per i prodotti il cui decadimento qualitativo implica solamente una perdita delle caratteristiche sensoriali, è possibile ricavare degli indici analitici ottenuti mediante analisi strumentali che quantificano una variazione del colore, del profilo aromatico o della consistenza del prodotto. Questi indici servono a misurare in modo oggettivo certe caratteristiche degli alimenti e a seguirle nel tempo. Ad esempio informazioni relative alla consistenza di un prodotto possono essere ricavate da speciali analisi fisiche che misurano la deformazione e rottura dell’alimento quando vengono applicate forze di compressione. Poiché per certi prodotti la perdita di consistenza può rappresentare il fattore chiave di scadimento qualitativo, la shelf-life sarà data dal tempo necessario affinché il prodotto raggiunga un certo valore di consistenza considerato non più accettabile dall’azienda”. Per valutare la shelf-life di un prodotto si utilizza anche il cosiddetto “abuso” termico. Di cosa si tratta? “Lo scadimento qualitativo oggetto di studio può essere seguito in condizioni di “abuso” termico, ovvero in condizioni di temperatura superiori alle quali l’alimento viene normalmente conservato. In questo modo l’alterazione dell’alimento è più veloce, consentendo un più rapido svolgimento dello studio di shelf-life, che in questo caso viene chiamato studio accelerato di shelf-life. L’impiego di software di calcolo consente quindi di stimare la shelf-life del prodotto in esame sulla base dei dati ottenuti in condizioni di “abuso”. In questo modo è possibile giungere all’individuazione della shelf-life del prodotto in tempi contenuti e tali da poter essere economicamente sostenibili dalle aziende”. Maria Rizzi


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