Metabolismo negli anziani: le strategie protettive
Non c’è accordo unanime sulle correlazioni certe fra longevità e fattori nutrizionali, ma è indubitabile che una corretta alimentazione assume una notevole importanza nel favorire il prolungamento di una vita attiva, autonoma e di qualità.
Tutti quelli che vivono molti anni più della media, per intenderci i centenari, trascorrono gran parte della vita in buona salute, evitando malattie cardiovascolari, tumori e demenza senile. Questo grazie a fattori genetici e ambientali: se per i primi poco si può fare, per i secondi il libero arbitrio può assecondare e favorire quelle “buone pratiche” nutrizionali, sociali, motorie che alcuni classificano come fattori protettivi. “Senectus ipsa morbus est” (trad. “La vecchiaia è essa stessa malattia”) affermava il poeta latino Terenzio e poco contrasta col concetto della più antica teoria stocastica dell’invecchiamento: il corpo si consuma, decade per usura. Attualmente l’invecchiamento “fisiologico” viene considerato come il progressivo deterioramento delle capacità omeostatiche e di adattamento all’ambiente in funzione di un solo fattore, quello cronologico.
La senescenza e le malattie peculiari dell’età involutiva richiedono accorgimenti dietetici diversi dalle norme igieniche generali che valgono per bambini e giovani. È importante che l’adulto in età presenile, periodo della vita che può essere ancora determinante e appagante, sia consapevole e disposto a modificare abitudini alimentari scorrette, a nutrirsi in modo appropriato per mantenere o ritrovare, quando occorra, la propria salute fisica e psichica. Mangiare per vivere in salute, mangiare poco e bene, ma quanto? Il fabbisogno calorico è determinato dal metabolismo basale ovvero dall’insieme delle reazioni chimiche che avvengono nell’organismo. Rappresenta il dispendio energetico giornaliero di un organismo a riposo, l’energia impiegata da un soggetto sveglio, a digiuno, in condizioni termiche neutre e in stato di totale rilassamento psicofisico. Il metabolismo basale decresce di circa il 20% dai 30 ai 90 anni di età. Per il suo calcolo si prende in considerazione solo la massa magra, infatti l’energia per il metabolismo basale è consumata dalle cellule che costituiscono la massa magra, mentre le cellule adipose ed i tessuti connettivi vi contribuiscono in misura poco significativa.
La progressiva riduzione del metabolismo basale nell’anziano quindi non è conseguenza dell’invecchiamento, ma delle modificazioni della composizione corporea, principalmente della riduzione della massa magra e dell’aumento di quella adiposa. La massa muscolare di un soggetto di 70 anni ha perso circa il 40% del suo peso: a parità di peso quindi un anziano possiede più tessuto adiposo e meno tessuto muscolare di un giovane. Con l’età cambia anche la distribuzione del tessuto adiposo sottocutaneo che si deposita in misura maggiore sul tronco che sugli arti. L’acqua totale corporea inoltre scende dal 61% al 53% nei maschi e dal 51% al46 % nelle femmine; a questa diminuzione concorre l’aumento del tessuto adiposo, povero di acqua, e la diminuzione della massa magra che presenta un contenuto d’acqua maggiore. Negli uomini il metabolismo basale è più elevato di circa il 7% rispetto alle donne perché in queste ultime vi è una percentuale maggiore di tessuto adiposo.
Viene conseguentemente da chiedersi: col passare degli anni su quale dieta e quale attività fisica orientarsi? Il fabbisogno calorico per l’anziano è stato stabilito in Italia dall’Istituto Superiore della Sanità: per gli uomini tra i 60-69 anni 2.400 kcal/die, dopo i 70 anni 2.100 kcal/die; per le donne tra i 60-69 anni 1.730 kcal/die, dopo i 70 anni 1.500 kcal/die. Oltre i 40 anni, l’occorrente di calorie e di proteine diminuisce gradualmente di circa il 5% ogni 10 anni sino ai 60 anni d’età; dai 60 ai 70 anni il calo è del 10%, e un’altra riduzione del 10% avviene dopo i 70 anni. Ma il problema, nell’anziano, non è tanto quello dell’apporto calorico, quanto quello di un regime alimentare equilibrato e completo nei principali nutrienti. La dieta ideale deve coprire in modo armonico ed equilibrato i fabbisogni nutrizionali dell’anziano e l’energia deve essere fornita dai carboidrati per il 50-60%, dalle proteine per il 12-14%, dai lipidi per il 30-35%. Lo stato nutrizionale, infatti, influenza molte delle modificazioni dell’organismo che intervengono con l’invecchiamento, quindi sarebbe più giusto chiamarla dieta “salutare e bilanciata”, cioè con una varietà di cibi tale da evitare carenze di proteine, vitamine, minerali, evitando squilibri qualitativi o quantitativi.
Prima di suggerire una dieta, e non è questa l’occasione, è necessario innanzitutto fare una valutazione il più possibile individualizzata delle necessità alimentari dell’anziano che tenga conto del livello di attività fisica, di patologie croniche, dell’interazione di farmaci. I valori standard delle tabelle infatti si riferiscono ad un individuo “medio” esente da malattie, di peso ottimale, di media statura, di costituzione normolinea, non esposto a violenti stress ambientali e che svolge un’attività fisica leggera. Tra gli anziani esistono variazioni interindividuali notevoli che rendono poco utilizzabili gli standard, in quanto l’uomo e la donna (e non solo l’organismo) che invecchiano sono soggetti a modificazioni molto complesse. Anche nell’anziano, inoltre, qualora si dovesse prescrivere una dieta a basso contenuto calorico al fine di ottenere una diminuzione del peso, il calo ponderale non deve essere molto rapido, in quanto com’è noto le diete troppo rigorose producono una riduzione dell’acqua corporea, una riduzione del glicogeno, una riduzione delle proteine piuttosto che del grasso in eccesso, un deficit di molti importanti nutrienti.
Al geriatra spetta poi il compito di accertare, prima di ogni altra cosa, se una pratica continua e controllata dell’esercizio fisico agisca, o meno, in età avanzata come fattore di minore morbilità. Se ci si rifà all’esperienza della medicina sportiva, si è potuto constatare nei veterani come l’uso costante e sorvegliato di un’attività sportiva adeguata sia in grado di incrementare le resistenze globali dell’organismo, riesca a contenere l’involuzione muscolo-scheletrica e cardiovascolare, ottenendo contemporaneamente di stimolare l’attività psico-intellettuale del soggetto. Non tutti sono però sportivi, perciò prima di consigliare una qualsiasi attività motoria ogni singolo aspetto va attentamente analizzato dal medico.
Tornando al cibo, alcune indagini di tipo trasversale hanno messo in evidenza che una percentuale di anziani, difficilmente quantificabile, si trova in condizioni di carenza nei riguardi di determinati nutrienti. Le cause che conducono alla malnutrizione nel soggetto anziano possono essere di ordine psicologico, sociale ed organico. Tra le prime si annovera la depressione esistenziale, peculiare dell’età involutiva, che spesso consegue a lutti familiari, al cambiamento di ruolo, alla paura della vecchiaia ed a cui si può attribuire spesso la perdita dell’appetito e la riduzione dell’assunzione di cibo. È noto, infatti, che mangiare rappresenta una importante attività psicosociale per cui il cibo viene visto di volta in volta come simbolo d’amicizia, di prestigio, di creatività e di eutimia.
Le cause sociali ed ambientali vanno ricercate soprattutto nelle frequenti ristrettezze economiche, in particolari condizioni quali l’isolamento e la solitudine, nella mancanza di aiuto domestico che determina sovente difficoltà nella preparazione dei pasti. L’alimentazione dell’anziano, infatti, dev’essere considerata come un atto globale che comprende la capacità di programmare l’acquisto e la scelta del cibo, di trasformare tale intenzione in azione e di cucinare, infine, un pasto adeguato. Accade che quando si perde la motivazione all’allestimento del pasto si adotta spesso una dieta insufficiente ed uniforme ed inoltre si tende spesso a cucinare grandi quantitativi di cibo da riscaldare in seguito e consumare nell’arco di parecchi giorni con conseguente perdita di tutti gli alimenti nutritivi labili quali, ad esempio, le vitamine idrosolubili. Esistono poi fattori psicosociali che condizionano negativamente l’alimentazione del vecchio, tra cui ci sono le abitudini alimentari inveterate ed irrazionali (ad es. l’abuso alcolico), la troppo diffusa disinformazione alimentare e non di rado la riduzione di potere economico nell’anziano pensionato.
Infine, tra le cause organiche che possono causare malnutrizione vi sono quelle fisiologiche e quelle dovute alla vera patologia cronica senile. Le modificazioni anatomo-funzionali dell’apparato digerente associate all’invecchiamento condizionano notevolmente le scelte alimentari dell’anziano, orientandole verso il consumo di alimenti di facile digestione ma spesso carenti di principi nutritivi.
Ignazia Zanzi