I frutti del benessere
Molte ricerche recenti sembrano “riscoprire” dal punto di vista scientifico alcuni tipi di frutti, molti di provenienza esotica. I prodotti della natura, che da secoli fanno parte della dieta indigena per la ricchezza delle sostanze nutritive in essi contenute, vengono esaminati e spesso se ne verificano le proprietà organolettiche e terapeutiche.
NONI – Un rimedio dolce contro le difficoltà quotidiane
I kahuna, guaritori dei Mari del Sud, usano da secoli il noni come rimedio dolcemente efficace. Il dottor Ralph Heinicke, scopritore del miracolo enzimatico contenuto nell’ananas, la bromelina, si dedicò a studi sul frutto del noni e trovò una grande quantità di sostanze vitali: vitamine, minerali, oligoelementi, microelementi, amminoacidi, alcaloidi ed enzimi vegetali molto particolari sia per la loro quantità sia per il loro effetto sinergico.
Il frutto di noni contiene fino a 800 volte più enzimi dell’ananas e, soprattutto, contiene una sostanza estremamente attiva, la proxeronina, sostanza di partenza per la produzione di xeronina, l’enzima indispensabile per il corretto funzionamento del metabolismo corporeo. Alcuni studi scientifici hanno permesso di concludere che la xeronina (che nel noni è contenuta in piccola quantità e che nel corpo umano viene prodotta grazie alla proxeronina contenuta nel frutto polinesiano), la scopoletina, la serotonina e tutti gli altri costituenti del succo agiscono insieme al fine dell’armonico incremento dell’epifisi. L’effetto sinergico di xeronina, scopoletina e serotonina stabilizza i valori della glicemia.
PAPAIA – Fresca o fermentata, comunque osservata speciale
La papaia è una pianta conosciuta da secoli nei Caraibi, da dove si è diffusa: oggi, infatti, è coltivata in molti paesi tropicali e subtropicali. Il frutto contiene molte delle sostanze biologicamente attive: enzimi proteolitici come papaina e chimopapaina, vitamine, amminoacidi. L’estratto di papaia, fresco o liofilizzato, viene tradizionalmente impiegato per i disturbi gastrointestinali (difficoltà digestive, diarrea, stipsi, infiammazioni e meteorismo) e la dispepsia, oltre che per preparazioni ad uso topico.
La papaina, estratta nella sua forma attiva quando il frutto è verde e non completamente maturo, ha proprietà cheratolitiche ed alcune formulazioni tradizionali vengono utilizzate per la cura delle ustioni e per le ulcere cutanee croniche. Per le proprietà esfolianti e antimicrobiche sull’epidermide, facilita l’eliminazione del tessuto necrotico, la formazione di tessuto di granulazione e impedisce fenomeni di sovrainfezione in sede di lesione.
La papaia è al centro dell’interesse scientifico e commerciale internazionale nella sua forma “fermentata” ossia dopo essere stata trattata con batteri e lieviti, o secondo altre sofisticate tecnologie “a freddo” per otto o dieci mesi. La cosiddetta FPP (Fermented Papaia Preparation) viene prodotta dal frutto immaturo di papaia e, secondo alcuni studi, è molto diversa nelle proprietà antiossidanti da quella allo stato naturale. La lunga fermentazione sarebbe la condizione essenziale per potenziare le proprietà immuno-modulanti del frutto.
La papaia fresca possiede solo discrete proprietà antiossidanti ed inoltre la papaina e la chimopapaina, enzimi del frutto fresco e non più presenti dopo il processo di fermentazione, possono provocare reazioni avverse e allergiche quando l’uso del frutto sia protratto. Il processo di fermentazione modifica profondamente il rapporto tra carboidrati complessi e proteine, diventando nella papaia fermentata trenta volte maggiore. Nel fermentato s’identificano nuove classi di oligosaccaridi con elevata attività immuno-modulante. Le proprietà antiossidanti consentirebbero all’organismo di difendersi da quello che gli esperti chiamano stress ossidativo, inteso come squilibrio fra il rilascio di radicali liberi (molecole molto aggressive nei confronti dei tessuti) e le difese dell’organismo.
La papaia fermentata, da considerarsi un integratore alimentare e non un farmaco, aprirebbe la via a terapie preventive. In associazione a medicinali classici il suo uso può essere considerato un trattamento integrativo.
Numerosi gruppi di ricerca stanno lavorando su questo versante. Gli studi, ancora carenti e limitati a dati sperimentali in vitro e su animali, confermano che la FPP è un alimento funzionale e consentono di raccomandare l’integrazione con questo complemento, sotto controllo medico, in numerosi casi: ad esempio tabagismo, consumo di alcolici, stress, inquinamento. Si raccomanda, però, di non ricorrere a questo rimedio per curare patologie neurologiche degenerative od oncologiche: nessun effetto miracoloso è scientificamente attribuibile alla papaia fermentata.
Ignazia Zanzi