Le localizzazioni periferiche dell'aterosclerosi
In precedenti articoli abbiamo sempre sottolineato che l’aterosclerosi è una malattia polidistrettuale nel senso che può colpire tutte le arterie del nostro organismo.
Se la localizzazione coronarica e carotidea sono molto più frequenti, le arterie degli arti inferiori e l’aorta addominale e toracica sono sedi abbastanza colpite. Negli Stati Uniti si calcola che stenosi aterosclerotiche a livello delle arterie degli arti inferiori sono presenti in circa 10 milioni di persone e spesso si associano a quelle coronariche e cerebrali.
Le localizzazioni periferiche dell’aterosclerosi sono asintomatiche per un lungo periodo di tempo, successivamente (quando la stenosi diventa critica) si manifestano i sintomi, il principale è la claudicazione intermittente: un dolore costrittivo in uno o in ambedue i polpacci che si manifesta inizialmente camminando in salita e successivamente, con il progredire della malattia, anche per sforzi fisici più lievi per cui il paziente è costretto a rallentare la marcia o ad interromperla per farlo regredire. Nei casi più gravi compaiono ulcerazioni o gangrena degli arti inferiori.
I fattori di rischio sono simili a quelli dei pazienti con malattia coronarica: familiarità, fumo, età avanzata, diabete, ipercolesterolemia, sedentarietà, ipertensione arteriosa. In particolare la prevalenza della malattia aumenta con l’avanzare dell’età, il diabete ne triplica il rischio. Com’è noto questi fattori di rischio favoriscono nelle arterie la formazione di placche che lentamente progrediscono fino a ridurre il flusso sanguigno in particolare sotto sforzo; ciò causa un’ischemia con conseguente comparsa di dolore. La manifestazione clinica dipende dalla velocità di progressione delle lesioni, dalla presenza e dall’estensione dei circoli collaterali (cosiddetti bypass naturali), dall’esistenza di condizioni morbose associate (diabete) e dall’attività del paziente.
Non tutti i dolori degli arti inferiori sono dovuti all’aterosclerosi, perciò spetta al medico differenziare la sintomatologia (artrosi, nevralgia, ecc.). La diagnosi è facile: usualmente le dimensioni del polso sono ridotte e sulle arterie interessate possono comparire soffi. Un esame strumentale di facile applicabilità, poco costoso ma molto efficace, è la misurazione dell’indice braccio-caviglia: con un Doppler si misura la pressione degli arti superiori ed inferiori. Un indice inferiore ad 1 indica già la presenza di un restringimento del vaso. Un esame eco-Doppler più completo permette di localizzare la stenosi. Un altro esame utile è la risonanza magnetica. Infine con l’angiografia del vaso colpito è possibile visualizzare la morfologia della stenosi, la sua reale entità, la presenza di circoli collaterali e, insieme alla sintomatologia e alle condizioni generali del paziente, permette di fissare la strategia terapeutica più corretta.
Le pietre miliari della terapia per i pazienti con malattia aterosclerotica periferica sono costituite dal miglioramento della sintomatologia e dalla prevenzione delle lesioni gravi degli organi bersaglio. Smettere completamente di fumare, raggiungere un’emoglobina glicata al di sotto di 7 (per i diabetici), un livello di colesterolo LDL inferiore a 100 mg/dl e una pressione arteriosa di 140/90 mmHg e di 130/80 mmHg (se diabetici), ma soprattutto camminare fino al dolore dei polpacci sono tutti metodi che in molti casi migliorano la sintomatologia. Un programma di training fisico sul tappeto rotante si è dimostrato utile in molti studi per alleviare la sintomatologia dolorosa. Infine antiaggreganti piastrinici e vasodilatatori (pentossifillina, cilostazolo) si sono dimostrati efficaci incrementando la distanza del cammino senza dolore.
L’angioplastica percutanea con o senza stent fornisce notevoli vantaggi nel caso di lesioni di vasi più grossi. Com’è noto questa procedura è effettuata introducendo attraverso l’arteria colpita un catetere provvisto di palloncino. Gonfiato con un’adatta pressione il palloncino “schiaccia” la stenosi consentendo la ripresa di un buon flusso sanguigno nel vaso. In alcuni casi si applica anche uno stent: rete metallica che serve per evitare la ristenosi del vaso. La procedura consente un breve ricovero ospedaliero e il ritorno molto precoce alla vita normale. Infine nei casi indicati può risultare efficace e duraturo l’intervento di bypass.
dott. Sabino Scardi