A fior di pelle
"Le carezze sono necessarie alla vita affettiva come le foglie alla vita di un albero. Se sono interamente trattenute, l'amore morirà alle radici".
(Nathaniel Hawthorne, autore de "La lettera scarlatta")
La pelle può essere veramente considerata come uno specchio che riflette lo stato di salute della maggior parte degli organi e degli apparati del nostro corpo, nonché la nostra salute psichica e, perché no, anche quella sessuale.
Ogni tipo di pelle umana racconta la storia di un viaggio antico... racconta la "Tua" storia, parla di te e di che cosa hai dentro... la pelle testimonia la vita che hai vissuto, le battaglie che hai combattuto, le persone che hai amato... raggiunge la parte più intima del tuo essere... la pelle ci protegge, ci unisce, a volte ci divide... la pelle è ciò che ci rende esseri sensuali perché ci lega ad argomenti come bellezza, invecchiamento, razza, sesso... la pelle produce sostanze che, quando vengono rilasciate, possono modificare la percezione che gli altri hanno del nostro fascino...
Eppure... nel curriculum di psicologia del primo anno le lezioni iniziali sono dedicate all'unità didattica sugli organi di senso, propedeutica ai moduli di apprendimento sulla percezione, e ogni anno si ripete puntualmente la stessa scena: quando il docente chiede qual è l'organo di senso del tatto, la stragrande maggioranza degli studenti risponde "le mani, è ovvio!".
L'importanza della sensibilità cutanea per la sopravvivenza dell'individuo e della specie è ormai universalmente riconosciuta, e poiché la tattilità è filogeneticamente ed ontogeneticamente il primo dei sensi e la cute rappresenta l'organo più esteso del corpo umano, può essere interessante fare qualche riflessione sulla sua origine.
A metà della terza settimana dello sviluppo dell'embrione umano, l'ectoderma dà origine alle forme primitive di due diversi sistemi: quello nervoso e quello cutaneo superiore. Questa comune origine embriologica giustifica e ispira un'analogia funzionale suggerendo una più o meno occulta, ancorché suggestiva, interazione, e ci consegna una rappresentazione della pelle come organo non solo del tatto ma anche di trasmissione delle emozioni che trova continuità e conferma nella sessualità e nelle dinamiche affettive delle fasi successive della vita.
Come sottolinea E. Panconesi nel suo libro "Lo stress e le emozioni della pelle", l'acme del "desiderabile" è dato dal ricongiungimento dei due fratelli ectodermici, brain and skin, cervello e pelle, da cui scaturiscono tutte quelle sensazioni date dal contatto della propria con l'altrui pelle. Già nell'embrione, infatti, il primo senso che si sviluppa è il tatto: esso diviene l'organo principale attraverso cui comunicare con il mondo circostante (la madre) durante i nove mesi di gestazione. Durante il parto, le stimolazioni principali che il neonato riceve sono cutanee. Nell'entrare a far parte del mondo umano, dopo la nascita, è attraverso la stimolazione tattile e l'allattamento materno che il corpo del nascituro "entra" in funzione.
Con queste premesse è facile immaginare come il primo legame affettivo nella relazione madre-bambino si costituisca proprio grazie alla soddisfazione del bisogno di contatto e di calore che il bambino sperimenta all'inizio della sua vita. Il contatto "cute della madre-cute del neonato" (fase simbiotica) è un fattore assolutamente fondamentale per lo sviluppo psichico del bambino, di conseguenza per le dinamiche emotive, affettive e cognitive, per la costruzione dello "schema" e della "immagine" del corpo e quindi della personalità del soggetto.
È attraverso la pelle che il neonato riceve i primi messaggi di rassicurazione e di gratificazione nonché le sensazioni e le percezioni risultanti dalle variazioni ambientali come caldo, freddo, umido, bagnato, il senso di contatto e di pressione, tutte indispensabili per tracciare il confine tra il Sé e il non Sé. Ed è la pelle che può essere considerato il primo organo di relazione grazie al quale il bambino comincia a strutturare il suo mondo iniziale passando dalla fase simbiotica a quella di separazione-individuazione, per poi passare alla costruzione definitiva della personalità.
Il concetto di Io ("Io sono questo e non quest'altro") si sviluppa proprio a partire dalla nostra pelle. All'inizio siamo ciò che tocchiamo, ma in seguito impariamo a distinguere sempre più nettamente il soggetto dell'esperienza dall'oggetto esperito. La pelle è il confine della nostra sfera individuale, che ci separa inesorabilmente dal mondo esterno, ma è anche quel medium altamente sensibile che ci permette di entrarvi in contatto per realizzare quelli scambi indispensabili ad ogni processo vitale. La pelle protegge in quanto esamina, filtra e, se necessario, attenua, modula non solo gli stimoli esterni ma anche quelli interni trattandoli come se fossero esterni, inclusi gli impulsi repressi.
La pelle è un'importante struttura esogena, connessa con la freudiana "fase orale" dello sviluppo. In questo caso il legame tra sensorialità ed erotismo diviene importante, talvolta molto più importante degli stessi stimoli visivi o uditivi. Il tatto, l'organo di senso legato alla pelle, è diverso dagli altri sensi perché implica sempre la presenza, congiunta e inseparabile, del corpo che si tocca e del nostro corpo con il quale tocchiamo.
Nonostante sia un senso legato alla superficie del corpo, contrariamente alla vista e all'udito, il tatto ci fa sentire le cose all'interno di noi stessi. La stimolazione cutanea da parte della madre sotto forma di carezze, massaggi, sfregamenti, palpazioni, contatto con le labbra, baci... consente al piccolo di riconoscere nella propria pelle un involucro che contiene le funzioni psichiche, un "sacco" che contiene il "bene", che serve da limite e da confine con il mondo esterno proteggendolo dalle aggressioni altrui e che diventa anche mezzo e luogo di comunicazione. Ma soprattutto che risponde al bisogno dell'Io di possedere un involucro narcisistico che sia in grado di garantirgli sicurezza, benessere, integrità, continuità nel tempo e coerenza nello spazio.
Già negli anni '50 Fenichel, nell'affrontare la pelle e le sue funzioni, la definisce come la superficie dell'organismo esteriormente visibile e, di conseguenza, il luogo di conflitti incentrati sull'esibizionismo. «Questi conflitti, a loro volta, implicano non soltanto la componente di un istinto sessuale al quale si oppone la paura o la vergogna, ma anche vari appoggi narcisistici per rassicurarsi». Ricordiamo, per inciso, quanto la storia della seduzione si sia giocata proprio sul numero crescente di centimetri di pelle esposta...
Non va poi dimenticato che la pelle è un'importante zona erogena, un'area privilegiata della comunicazione intima "corpo a corpo" che sta all'origine della comunicazione erotica nonché un'espressione dell'immagine di sé e di come questa viene vista e vissuta dagli altri. Nell'infanzia le carezze, le manipolazioni erotizzano il corpo del bambino, mentre nel contempo anche la madre riceve apporti sensuali. È così che nascono le premesse del dialogo e della mutualità attraverso la pulsione di attaccamento prima e la pulsione libidica poi. Carezze e manipolazioni costituiranno nella sessualità adulta il nucleo dei preliminari erotici del rapporto sessuale e rappresenteranno spesso anche un terreno di scontro tra desideri maschili, più sbrigativamente genitali, e desideri femminili maggiormente legati ad un'erotizzazione globale del corpo.
Sulla pelle si scrive anche un altro capitolo fondamentale dell'evoluzione: la comparsa dell'acne nella fase puberale e nell'adolescenza. La psicosomatica considera l'acne come il fuoco dell'eros che si proietta sulla pelle quale rappresentazione simbolica di una sessualità compressa che sta cercando di esprimersi e di farsi notare. Più lo sviluppo puberale è rapido e sorprende il ragazzo, e più l'atmosfera che lo circonda è repressiva e moralistica nei confronti del corpo e delle sue esigenze, più alta è la probabilità della comparsa dell'acne quale risposta ad un'implosione forzata della carica istintiva sessuale. Il volto dell'acne assume allora il significato simbolico di una maschera che copre un'energia sessuale, e non solo, che chiede vistosamente di essere vissuta mostrando un inconscio bisogno del corpo di lasciar uscire e rendere pubblico qualcosa di molto intimo, personale e profondo, strettamente legato all'identità. Nell'adolescenza, infatti, la pelle nel suo insieme diventa una grandezza psicologica che esprime il grado di definitezza nella percezione dei confini del proprio corpo e la capacità di demarcazione del corpo dall'ambiente esterno.
La pelle e le sue singole parti definiscono quindi l'identità personale contribuendo, attraverso le percezioni tattili, allo sviluppo di tre importanti funzioni psichiche ed emotive: la strutturazione dell'immagine corporea, la strutturazione dell'autostima e la modulazione adattiva dell'ansia che nel corso dello sviluppo psicosessuale si traduce nella modulazione delle emozioni. Il concetto di Io si sviluppa perciò a partire dalla nostra pelle e proprio l'analogia Io-pelle spiega in chiave psicosomatica la genesi di certi disturbi cutanei in quanto rappresentazioni analogico-simboliche di situazioni che non possono essere adeguatamente espresse dall'Io.
La pelle, organo per la maggior parte esposto alla vista, rappresenta la sede per eccellenza dell'espressione delle normali, comuni emozioni che ci accompagnano nel corso della vita: basti pensare al pallore, al rossore, all'eccessiva sudorazione che possono suscitare sensazioni quali la paura, la vergogna, l'ansia. A maggior ragione quindi stress, tensione, grandi preoccupazioni, dolori, traumi e tutte le altre condizioni in grado di alterare il nostro equilibrio e provocarci un vero e proprio disagio psicoemotivo, possono trovare un loro "sfogo" a livello cutaneo e scatenare l'insorgenza di varie patologie dermatologiche.
In conclusione, abbiamo visto come la nostra pelle dia voce alla nostra storia, ai nostri organi, alle nostre emozioni, come sia deputata a comunicare la nostra sensualità e la nostra sessualità, e come rappresenti un vero e proprio organo-spia che riflette le condizioni di "salute" o di "non-salute" del nostro organismo, segnalandoci una situazione di malessere psichico che può indurci a prendere, per tempo, gli opportuni provvedimenti, convincendoci magari a rallentare i ritmi, a concederci le giuste pause e a riesaminare le nostre priorità.
dott. Filippo Nicolini, psicologo