Le emozioni nascoste: quando la nostra faccia dice bugie
Il linguaggio del corpo racconta molto di noi. Ai fini dell’interazione sociale, si interpretano postura, gesti, movimenti, espressioni e mimica facciale che accompagnano la parola rendendo la comunicazione umana ancora più chiara ed esaustiva.
Tuttavia, non sempre riusciamo a cogliere nell’altro l’emozione che lo attraversa e sbagliandoci clamorosamente rischiamo di incorrere in spiacevoli equivoci. È in quest’ottica che di recente l’organizzazione Amec, Associazione medicina e complessità di Trieste, ha organizzato un interessante incontro dal tema “Le emozioni nascoste: come riconoscerle e quali segnali appaiono sul volto”. Lo psicologo Enzo Kermol ha spiegato come il primo linguaggio studiato sia stato quello facciale e l’opera più importante pubblicata al riguardo è stata quella di Charles Darwin nel 1872 “The expression of the emotions in man and animals”. Egli sosteneva che le espressioni facciali sono comuni a tutte le popolazioni del mondo e di conseguenza hanno un carattere di universalità. Da qui molti studiosi si sono interessati all’argomento, soprattutto Paul Ekman, che confermando lo studio di Darwin ha dedicato molti anni all’osservazione della mimica facciale. Egli ha dimostrato come alcune emozioni (rabbia, felicità, tristezza, paura, disgusto e sorpresa) siano espressioni condivise da tutti in modo uguale. Secondo Ekman, inoltre, attraverso le espressioni del volto si riesce a capire se le emozioni sono autentiche oppure no. Vi sono tre elementi importanti che ci aiutano a capire: l’asimmetria dell’espressione, il tempo e la collocazione nel discorso. In un’espressione facciale asimmetrica, le stesse azioni compaiono identiche nelle due metà del viso, ma sono più intense su un lato rispetto all’altro. Una spiegazione di ciò risiederebbe nel fatto che l’emisfero cerebrale destro sia più specializzato del sinistro nell’elaborazione delle emozioni. Dato che l’emisfero destro controlla gran parte dei muscoli della metà sinistra del viso e il sinistro quelli della metà destra, le emozioni si osservano con maggiore intensità sulla parte “mancina” del volto. Se al contrario, è il lato destro a mostrare un certo atteggiamento in modo più marcato, possiamo presumere che l’emozione non sia sentita davvero. Tuttavia, dobbiamo tener conto che la simmetria vale per tutte le espressioni volontarie. Il sorriso falso risulta essere quindi più asimmetrico del vero. Un ulteriore importante fattore è il tempo, in quanto le espressioni sincere durano pochi secondi. Le espressioni “tirate” (che durano, cioè più di 10 secondi) sono probabilmente false, la mimica che esprime emozioni autentiche, invece, non resta sul viso più di qualche secondo. Se la sorpresa è genuina, poi, tutti i tempi, di attacco e di stacco, sono brevissimi: in genere si tratta di qualche secondo. Ultimo e terzo elemento che attesta l’autenticità di un’emozione è la collocazione nel discorso in quanto la mimica accompagna le parole e se essa è posticipata non rispecchia la reale espressione verbale. Ad esempio: se una persona è arrabbiata ed accompagna l’espressione di rabbia alle parole allora lo è davvero; se invece i gesti di rabbia vengono dopo le parole, è probabile che la persona non sia così arrabbiata come ci vuol far credere. Come regola, vale l’assunto che le espressioni del viso non sincronizzate con i movimenti del corpo costituiscono probabili indizi di falso. Ekman decise, inoltre, di creare una specie di dizionario delle espressioni facciali assieme al suo collega psicologo Wallace Friesen. L’impresa durò sei anni e si concluse con il Facial Action Coding System (FACS), pubblicato nel 1978. Il sistema ha reso possibile descrivere e classificare qualsiasi espressione facciale su una base di 43 unità di movimenti facciali. I 43 elementi determinano più di 10.000 possibili combinazioni. Tuttavia, non sempre i movimenti facciali visibili indicano un’emozione, qualche volta servono semplicemente a punteggiare il discorso. Leggere e capire le espressioni del volto non è una conoscenza innata ma la si apprende nel corso del nostro sviluppo. “La comunicazione non verbale – afferma Kermol – lascia trapelare contenuti profondi ed è importantissima in quanto rappresenta il 60% della comunicazione, mentre la paraverbale costituisce il 33% e solo il 7% è rappresentato dal linguaggio verbale. Inoltre, nella società contemporanea le emozioni estreme non sono ammesse e quindi anche le espressioni non sono molto marcate, di conseguenza riconoscere le sfumature facciali diventa molto difficile”. Ognuno di noi vive in rapporto costante con gli altri, quindi capire l’esperienza emotiva può aiutarci a comprendere la nostra parte più privata, unica e personale. Monica Ricatti