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Anita Jankovic

I meccanismi della memoria

 |  redazionehelp

La memoria è il diario che ciascuno porta sempre con sé Oscar Wilde

Spesso le persone si preoccupano e spaventano dinanzi ai “vuoti” di memoria che sono tipici delle persone in età matura, delle persone che subiscono forti stress o da chi sta studiando. Le cause sono molteplici ma oggi possiamo affermare che, in assenza di fonti patologiche, la memoria può essere allenata. Nella nostra vita, la memoria assume un’importanza fondamentale. Essa ha infatti il compito di raccogliere e di archiviare informazioni in modo da aiutarci a dare maggior chiarezza e consapevolezza alla realtà che ci circonda. Senza la memoria l’uomo non sarebbe in grado di utilizzare i suoi sensi e quindi non potrebbe vedere, ascoltare e neppure pensare, non avrebbe quindi nessuna facoltà intellettiva. In realtà ognuno di noi non possiede soltanto una memoria, ma più memorie che sono strettamente collegate l’una all’altra. Nella nostra testa esiste un sistema per la classificazione, l’immagazzinamento ed il recupero delle informazioni che supera, per rapidità e capacità, il più potente computer. Attraverso un complesso processo l’uomo riesce in pochi secondi a discernere tra informazioni obsolete e necessarie e quindi a memorizzarle nel grande archivio del cervello. Vediamo il percorso che l’informazione deve percorrere per essere immagazzinata. Le prime informazioni passano per la memoria sensoriale, la quale è intimamente collegata con la nostra percezione del mondo. Essa infatti memorizza le informazioni che passano attraverso i nostri sensi e quindi rileva informazioni uditive, visive, tattili, olfattive e gustative per la durata di pochi secondi o millisecondi. Le migliaia di informazioni che entrano nella memoria sensoriale vengono codificate e possono “perdersi” immediatamente oppure passare nella memoria a breve termine, che può conservarle fino a pochi minuti in quanto ha una capacità limitata. Ciò significa che spesso la perdita di informazioni nella memoria a breve termine è determinata dall’interferenza, ovvero dall’arrivo di altre informazioni. Soltanto le informazioni che vengono reputate importanti, proseguono il loro viaggio verso la memoria a lungo termine, che può conservarle per giorni o tutta la vita. Possiamo considerare la memoria a lungo termine l’archivio finale del percorso dove conserviamo il ricordo del nome dei nostri figli, dei nostri genitori, di noi stessi, di dove abbiamo vissuto da bambini, di dove ci trovavamo pochi minuti fa, si tratta quindi di informazioni immagazzinate in modo durevole. Per rendere più comprensivo tale percorso possiamo fare un esempio. Se ascoltiamo un numero a caso di sette cifre in una lingua a noi completamente incomprensibile, siamo in grado di ripeterlo solo immediatamente dopo averlo ascoltato (memoria sensoriale). Se invece il numero è pronunciato nella nostra lingua, i suoni vengono codificati in simboli ed è possibile ricordarlo per alcune decine di secondi (memoria a breve termine). D’altra parte, conosciamo il nostro numero di telefono perché l’abbiamo ripetuto numerose volte e salvato nel nostro archivio personale (memoria a lungo termine). Ora che conosciamo il percorso che le informazioni fanno per giungere all’archivio dobbiamo capire come mai certe cose le memorizziamo senza difficoltà ed altre no. In questo caso possiamo provare ad immaginare una catena costituita da più anelli i quali sono tutti ugualmente indispensabili per avere una memoria efficiente e forte. Si tratta dell’interesse, della motivazione, dell’attenzione, della concentrazione e dell’organizzazione. Purtroppo basta che uno di questi anelli si allenti perché la nostra memoria inizi a perdere colpi. La causa principale di un cattivo funzionamento della memoria è la mancanza di attenzione. La scarsa attenzione è dovuta poi ad altri fattori quali la fretta, l’ansia, l’euforia o la depressione, la distrazione, lo stress, le interruzioni, la stanchezza e il disinteresse verso l’argomento. Se la persona che deve imparare ovvero memorizzare qualcosa si trova in una delle suddette situazioni non può sicuramente mirare a buoni risultati. La cosa che invece più ci aiuta nella memorizzazione è l’emozione. Se chiediamo a chiunque di fare un elenco delle prime 10 cose che ricorda possiamo affermare che queste saranno sicuramente legate ad un’emozione a prescindere dal fatto che si tratti di un’emozione positiva o negativa, bella o brutta. Ogni persona, poi, è destinata a possedere un certo tipo di memoria. La più frequente e più diffusa è sicuramente quella di tipo visivo. Le persone che possiedono una memoria di tipo visivo riescono con grande facilità ad evocare paesaggi, quadri, luoghi, a ricordarsi la strada che bisogna percorrere per giungere in un determinato posto. Per memorizzare le informazioni devono aiutarsi con schemi, immagini e foto. C’è poi chi possiede una memoria di tipo uditivo, il quale “sente” la voce della persona di cui ricorda la conversazione. Si tratta di quelle persone che riescono a ricordare interi dialoghi o battute di un film e riprodurle parola per parola con la stessa cadenza dell’attore protagonista. La memoria, quindi, è soggetta a molte variabili quali lo stato di salute della persona, l’età, l’umore, lo stato emozionale: è soggettiva, cioè cambia da persona a persona ed è capace di registrare soltanto una parte della realtà. Per questo può accadere che a volte i testimoni oculari diano versioni diverse dello stesso fatto. Ognuno, a prescindere dall’età, può migliorare la propria memoria, lavorando sull’attenzione e la consapevolezza, analizzando il tipo di memoria che ognuno possiede in modo da adottare strategie consone alla singola persona, e rinforzando gli anelli della catena mnemonica. Così si possono ottenere dei risultati molto buoni che possono migliorare anche alcuni aspetti della nostra vita. Non scordiamo però che i vuoti di memoria, in certe situazioni, possono avere anche alcuni pregi. Un anziano una volta mi disse: “Quando mi sono svegliato, questa mattina, non ricordavo se la sera prima avessi detto a mia moglie che l’amavo, e quindi l’ho rifatto”. dott.ssa Francesca Simoni pedagogista clinico, dirigente regionale Anpec


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