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25 Aprile, festa sotto attacco. La memoria condivisa è sempre più messa in discussione

 |  Redazione Sconfini

altAttorno al 25 aprile la Festa dalla Liberazione dal Nazifascismo, ogni anno che passa, sembra che quelle "verità" storiche, che la generazione di chi l'ha vissuta in prima persona aveva dato per scontato, vengano sempre più messe in discussione. Per decenni i partigiani erano considerati da tutti, ma proprio tutti quanti, gli eroi assoluti al punto che (magari erroneamente) qualcuno ha dato loro un'importanza superiore a quella dell'Esercito Alleato che la liberazione l'ha iniziata dalla Sicilia.

Anno dopo anno però, anche a causa del numero sempre più esiguo di testimoni diretti - per ovvi motivi anagrafici - sembra che gli italiani stiano perdendo questa comune memoria unitaria, sottoposta ad attacchi e teorie funzionali, secondo molti, ad un revisionismo storico figlio della cultura fascista che in Italia, non è mai morta. Anzi, sempre secondo molti, governa oggi il Paese.

Il 25 Aprile è sempre stato un po' allergico ad una parte consistenti di politici di destra, ma fino a pochi lustri fa si facevano silenziosamente da parte e lasciavano che i reduci, le loro famiglie e l'Italia antifascista festeggiassero la liberazione e applaudissero i partigiani.

Poi, con la complicità di scrittori revisionisti alla Pansa (alcune delle cui teorie sono comunque condivisibili) è iniziata una fase in cui la strategia della riscrittura della storia sembra godere di un appoggio sempre più ampio da parte della popolazione.

Sono poche le mosse sufficienti a ridimensionare il valore della Resistenza Partigiana, soprattutto in tempi in cui la coscienza collettiva e l'opinione pubblica vivono un periodo di cloroformizzazione da reality show.

1. Far passare nella mente degli italiani che la lotta partigiana non è stata una rivolta per la liberazione dalla tirannia e dalla violenza dei fascisti repubblichini (quelli della Repubblica di Salò) e dei tedeschi, ma un guerra civile tra italiani. Non c'è dubbio infatti che i partigiani hanno ucciso nelle varie azioni di guerriglia moltissimi connazionali, ma è altrettanto vero che la priorità e la stragrande maggioranza di operazioni di questa guerra nella guerra sono state sempre rivolte nei confronti dei tedeschi occupanti il Nord Italia. Lo stesso, con le opportune proporzioni, si badi bene, è avvenuto in tutti i paesi occupati dai nazisti tedeschi (Francia, Norvegia, Polonia, Danimarca, Belgio ecc.) eppure altrove nessuno di sogna di parlare di guerra civile. Quando l'idea che la Resistenza è stata (esclusivamente) guerra civile passerà nella mente della gente camicie nere e partigiani saranno considerati alla pari. Con effetti impensabili fino a pochi anni fa: basti pensare al Disegno di Legge 1360 di cui abbiamo parlato alcuni mesi fa.

2. Far passare nella mente degli italiani che i partigiani erano tutti comunisti. Ormai essere comunista - fermo restando che nella realtà non esistono più - è considerato un insulto, una parola portatrice di fame, morte e distruzione grazie alla potente propaganda mediatica imposta sulle televisioni generaliste e da buona parte dei giornali. Uno spauracchio inesistente da agitare sotto il naso delle folle tipo babau o fantasma formaggino. Da qui l'equazione: comunista=male, quindi ciò che fanno i comunisti è male. E se la Resistenza l'hanno fatta solo i comunisti allora è male. E' questa la mistificazione più clamorosa e falsa: è vero che la maggioranza di partigiani era legata ai movimenti socialisti e comunisti, ma c'erano tantissimi liberali, molti repubblicani, cattolici, monarchici, anarchici. Movimenti con obiettivi anche opposti, ma che hanno trovato comunque il modo di unirsi tutti insieme nel CNL (Comitato di Liberazione Nazionale) pur di sconfiggere il nemico più grande che l'Italia doveva annientare. In questo senso, si potrebbe anche chiedersi se esistano i presupposti per incriminare il Ministro della Difesa Ignazio La Russa per apologia del fascismo.

Continua a leggere la seconda parte.


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