Il Movimento Volontariato Italiano
Il Mo.V.I. è il Movimento Volontariato Italiano, ovvero un “cartello” di associazioni diffuse a macchia di leopardo su tutto il territorio nazionale, che svolge un ruolo para-istituzionale, simile a quello di un sindacato. Tra i suoi compiti, il coordinamento operativo tra le associazioni, la costruzione di modelli omogenei delle attività associative, la formazione dei quadri e dei volontari e la rappresentanza “politica” presso le istituzioni e le Aziende Sanitarie. Tutte le organizzazioni di volontariato che rispecchino le tre regole fondamentali di terzietà, gratuità e propensione al lavoro di rete, possono entrare a far parte del Mo.V.I., che ha un coordinamento centrale, nazionale, ed è poi suddiviso sul territorio nelle regioni e nelle province.
La sua storia affonda nel periodo immediatamente successivo alla contestazione della fine degli anni ’60. Passata quella stagione stimolante ma velleitaria, giunge a maturazione l’idea di sostituire la protesta con un impegno operativo nel quotidiano, inteso a costruire una cultura della solidarietà. Il protagonista di questa svolta è stato Luciano Tavazza, fondatore del Mo.V.I., definito da tutti “il padre del volontariato italiano” e paladino della piena laicità del volontariato. Chi vi aderì, furono in primis le organizzazioni, i movimenti, i gruppi impegnati con gratuità e disinteresse in “servizi” aperti a tutti sul territorio, con un occhio di riguardo per quei cittadini che sono esposti ai rischi dell’emarginazione. In tali attività di volontariato operano persone di diverse matrici culturali, accomunate dallo spirito di libero servizio all’uomo, attive in iniziative gestite con costume democratico.
Per avviare concretamente la costruzione di un costume di solidarietà, i gruppi, sotto la guida di Tavazza, ritennero indispensabile superare anzitutto il passato reciproco isolamento. Quella frammentarietà caratterizzata da concorrenza, conflitti, sovrapposizioni, assenza di comunicazioni, di scambi culturali, di comparazione verifica di esperienze, che aveva indebolito l’incidenza e l’efficacia storica dell’azione volontaria nel Paese (cosa che in parte persiste ancora). Così decisero di dar vita ad un processo di collegamento democratico, autogestito, di tipo federativo. Ciò attraverso una formula di aggregazione che, partendo dalle realtà dei gruppi presenti nella comunità territoriale (a livello provinciale e regionale), li unisse, a dimensione nazionale, attraverso un movimento che chiamarono: “Movimento di Volontariato Italiano (Mo.V.I.)”.
Dopo un triennio di verifica, di confronto, il Mo.V.I. assume nel 1978 veste giuridica federativa, garante dell’originale identità dei suoi aderenti, come associazione di fatto, non confessionale, apartitica, senza fini di lucro. La sua struttura organizzativa, agile ed essenziale, non costituisce perciò una sovrapposizione esterna, burocratica ai gruppi operanti in loco; essa nasce invece dalla concorde volontà espressa da iniziative di base, spontaneamente collegate, per “rimuovere le cause del disagio sociale, che generano ogni tipo di discriminazione”.
Oggi il Mo.V.I. conta centinaia di gruppi aderenti e simpatizzanti in tutto il Paese ed è collegato con i principali movimenti nazionali ed internazionali.
Giuseppe Morea