Indennità di fine rapporto
Ho contratto matrimonio concordatario ancora nel 1992. Tre anni fa mi sono separata legalmente da mio marito percependo da quest’ultimo un assegno mensile di mantenimento.
Recentemente ho appreso che mio marito ha appena cessato la propria attività lavorativa come dipendente pubblico, e che lo stesso è prossimo a percepire l’indennità di fine rapporto. Mi chiedo: come coniuge separato ho diritto ad una quota parte su tale indennità, essendo mia intenzione presentare prossimamente ricorso di divorzio?
Lettera firmata
La signora – preliminarmente – è bene che sappia che la sua richiesta è senz’altro accoglibile e formulabile all’atto della presentazione del ricorso per divorzio purché possa dimostrare di trovarsi nelle condizioni previste dall’art. 12 bis, lettera a), della Legge 898/70, che – in buona sostanza – le riconosce il diritto alla corresponsione del 40% del TFR liquidato al coniuge, a patto che la stessa dimostri:
1) l’assenza di nuove nozze;
2) il diritto alla percezione di un assegno di divorzio;
3) la maturazione dell’indennità di cui si discute al momento o dopo la proposizione della domanda di divorzio.
Precisato un tanto, è importante sottolineare come la controversia per ottenere il riconoscimento della quota del TFR sia diretta ad integrare il trattamento fissato con assegno: conseguenzialmente sarà competenza del Tribunale, mediante rito camerale, assumere ogni decisione formalizzata con sentenza appellabile e, pertanto, eventualmente ricorribile per Cassazione.
Per migliore evidenza della signora, devo chiarire come la Giurisprudenza più qualificata, sul problema dibattuto, abbia prodotto una serie consistente di pronunce non sempre univoche, ma ciò nonostante l’orientamento di massima è favorevole alla signora, tenendo presente che vi è una distinzione tra coloro che ritengono di escludere il diritto alla quota di TFR da parte del coniuge durante la separazione od il procedimento di divorzio e coloro che invece riconoscono tale diritto, dando al percettore la facoltà di proporre congiuntamente la domanda volta ad ottenere l’assegno divorzile contestualmente a quella per ottenere l’indennità in questione.
A tal proposito, è opportuno evidenziare che nel primo senso si è orientata la prevalente Giurisprudenza di merito, come il Tribunale di Catania nel 1997, in base al quale “non resta che attribuire all’“anche se” contenuto nell’art. 12 bis della legge n. 898/1970 il significato di “benché” e all’intera frase, in maniera non lineare, un fine normativo, ma esplicativo”.
In tale contesto si è giunti ad affermare che il dettato del primo comma dell’art. 12 bis in maniera ambigua riflette l’indirizzo del legislatore, il cui intendimento sarebbe quello di evitare di prendere posizione in esito alla problematica relativa al momento in cui il lavoratore matura il diritto all’indennità di fine rapporto lavorativo, oppure in maniera progressiva durante il corso dello stesso.
Da parte della Suprema Corte, invece, con sentenza del 27 giugno 1995, n. 7249, si afferma che il diritto ad una quota di TFR andrebbe riconosciuto, quand’anche l’indennità fosse maturata prima della sentenza di divorzio, se al coniuge non fosse stato ancora attribuito – con sentenza passata in giudicato – l’assegno divorzile, in tal modo ammettendo la possibilità di proporre nello stesso momento e congiuntamente domanda d’assegno e della quota d’indennità in questione.
In conclusione, invito la signora a presentare senza indugio – come da lei indicato – ricorso per divorzio, all’interno del quale andrà a proporre al Giudicante il riconoscimento del diritto in suo capo giusta previsione dell’art. 12 bis della legge 898/70, la quota parte del TFR di prossima liquidazione all’ex marito pari al 40%, e ciò – come già chiarito sopra – ad integrazione di quello che sarà il rateo mensile che il Giudicante vorrà assegnarle: quindi, alcuna sostituzione a quest’ultimo, ma – ribadisco – integrazione con tangibile vantaggio economico per la signora.
avv. Marcello Giordano