Necessità e priorità della cardiologia geriatrica
Senectus ipsa morbus, così affermava Terenzio all’epoca di Roma. L’invecchiamento della popolazione è un evento ineluttabile.
A metà dell’Ottocento l’aspettativa di vita era appena di 25 anni. L’evento più importante del secolo scorso è stato il raddoppio della durata della vita. Siamo passati dalla speranza di vita di 40 anni degli inizi del secolo agli 80 anni della fine del secolo. Nella figura sotto si può notare la proiezione fatta negli Stati Uniti per i prossimi anni: nel 2040 la popolazione con età maggiore di 65 anni sarà il 20,5% di quella generale con 77,2 milioni d’abitanti. Per l’Italia, secondo i dati Eurostat si calcola un’attesa di vita per i maschi di 78 anni che sale a 84 per le donne; nel nostro Paese la percentuale di soggetti di età superiore a 80 anni è del 5,5% che diventerà 14,9% nel 2060. A Trieste abbiamo 41.464 abitanti oltre i 70 anni, il primo posto in Italia come città dei centenari (38,8 ogni 100.000 abitanti).
> Come si guadagnano più anni?
Per allungare la vita non servono integratori ed elisir miracolosi. Stile di vita e ambiente sono essenziali per favorire la longevità e ridurre il rischio di malattie a cominciare da quelle cardiovascolari: la salute del cuore è fortemente condizionata dallo stile di vita sano con un’alimentazione corretta e un’attività fisica regolare.
Fattori di rischio cardiovascolare quali fumo, ipertensione, obesità e diabete riducono la speranza di vita di 5 anni per chi li possiede tutti. Abolendo il fumo gli uomini guadagnano 2,5 anni di vita e le donne 1,8; se si porta la pressione arteriosa a livelli ottimali (140/80), gli uomini guadagnano 1,5 anni e le donne 1,6; la riduzione del peso comporta a sua volta un allungamento della vita di 1,3 anni per gli uomini e di 1,3 per le donne; infine controllando la glicemia si ottiene un prolungamento della speranza di vita di 0,5 anni per gli uomini e di 0,3 per le donne. Anche l’equilibrio della dieta mediterranea favorisce la longevità.
> le Modificazioni fisiologiche negli anziani
Con l’avanzare dell’età le arterie diventano più rigide perciò la pressione sistolica (la massima) tende ad aumentare e la minima a diminuire, ma per un’alterazione del baroriflesso, l’anziano tende all’abbassamento talora anche importante della pressione quando si mette in posizione eretta, in particolare quando di notte o al mattino si alza dopo un prolungato periodo di riposo a letto (i cardiologi la chiamano ipotensione ortostatica). Lo scarso flusso di sangue al cervello (la cosiddetta ischemia cerebrale) provoca a volte la perdita dell’acuità mentale. A livello renale si osserva un minor risparmio di sodio (sale da cucina) e acqua con predisposizione alla disidratazione (l’anziano non deve dimenticare di bere almeno 2 litri di acqua al giorno in assenza di scompenso cardiaco).
Con l’età peggiorano il metabolismo del fegato e la funzione renale, perciò la durata d’azione dei farmaci si prolunga, ma nello stesso tempo il peggior funzionamento intestinale ne riduce l’assorbimento. Tutto ciò si riflette poi nella gestione “oculata” della terapia farmacologica. Ad esempio assumere contemporaneamente alla stessa ora più farmaci anti-ipertensivi può causare importanti cadute pressorie specialmente in posizione eretta (non dimenticare, quindi, di misurare qualche volta la pressione non solo in posizione seduta ma anche in posizione eretta).
> Ma chi sono gli anziani oggi?
Sono meno frequentemente nonnini e nonnine della pubblicità televisiva, sono pronti ad infilarsi la tuta e… andare in bicicletta a Miramare o sul Carso. Una recente indagine dell’istituto Censis su soggetti di età superiore a 85 anni ha evidenziato che: il 29% è in grado di fare tutto da solo; il 55% è condizionato nella mobilità da ostacoli, mentre il 25% da patologie gravi; il 46% è felice, l’87% non fuma, il 58% non consuma alcolici; il 51% si sottopone ad accertamenti medici (in particolare cardiologici ed oculistici), il 58% assume regolarmente i farmaci prescritti dai medici. Anche se circolano voci ministeriali sulla proposta di “pensionare” i guidatori di auto al compimento dell’ottantesimo compleanno, uno studio israeliano ha dimostrato che i guidatori “attempati” sono più attenti agli imprevisti della strada.
> Le principali patologie croniche dell’anziano
Resta, però, un’alta fascia di popolazione anziana che non ha tutte le caratteristiche appena elencate e… lo vediamo giornalmente negli ospedali. Malattie cardiovascolari, ipertensione arteriosa, ictus, diabete, tumori, bronchite cronica, artrosi e osteoporosi, demenza e depressione, cecità o ipovedenza sono le patologie più comuni nei grandi anziani.
> le Scelte nella cura cardiologica
è un compito gravoso perché mancano ricerche dirette, perciò le decisioni terapeutiche si basano su dati da estrapolare da studi nei quali gli ultraottantenni sono rappresentati in maniera del tutto insufficiente (inferiore al 3%). Perciò gli sforzi dei cardiologi per migliorare la cura dei pazienti anziani sono ostacolati oltre che dalle insufficienti conoscenze, anche dalla mancanza di informazioni specifiche su: le preferenze dei malati, il loro stato funzionale, l’aggressività di alcune moderne terapie, i costi economici delle prestazioni sanitarie, che devono tener conto delle aspettative di vita e dei potenziali effetti negativi legati alle nuove procedure terapeutiche.
Per affrontare in maniera razionale le problematiche legate alla gestione cardiologica dell’anziano, prima di prendere importanti decisioni cliniche, sono necessarie una forma mentis “geriatrica” nel cardiologo e una valutazione da parte del geriatra per valutare la decisione di fare o non fare un determinato intervento diagnostico-terapeutico. Tuttavia in alcuni casi si assiste al fenomeno del “paradosso geriatrico” per cui, in presenza di un alto rischio di eventi cardiovascolari futuri, minori sono le probabilità di trattamento, anche se, nel grande anziano, è necessario sempre tener presenti: il peso delle tante malattie associate alla cardiopatia (diabete, bronchite cronica, insufficienza renale ecc.), la fragilità e il suo livello funzionale che richiedono un attento bilancio del rapporto costo-beneficio e di quello rappresentato dalla qualità e quantità di vita.
Poiché il rischio degli interventi sanitari varia da un paziente all’altro è indispensabile una valutazione individuale. Così, ad esempio, l’uso di farmaci, la politerapia, l’uso inappropriato dei medicamenti, i loro effetti collaterali, le interazioni negative fra alcuni farmaci quando sono assunti contemporaneamente, possono condizionarne l’azione. Da queste premesse nasce l’esigenza di razionalizzare i comportamenti nella gestione dell’ultraottantenne, tenendo presente la qualità della vita rispetto alla sua durata, per l’eterogeneità del singolo individuo appartenente alla classe degli ultraottantenni.
> gli Obiettivi prioritari
Dal lato cardiologico gli obiettivi prioritari sono di fissare strategie di gestione per la cardiopatia ischemica acuta e cronica, lo scompenso cardiaco (che richiede continuità assistenziale ospedale-territorio), i vizi valvolari da sottoporre a cardiochirurgia in età molto avanzata (di per sé, però, l’età non è un fattore discriminante), le aritmie, la valutazione cardiologica prima di sottoporre un soggetto molto anziano a chirurgia generale importante. Infine nel rapporto cardiologo-paziente ultraottantenne, dobbiamo sempre garantire nella valutazione dei risultati degli effetti delle terapie prescritte, anche la qualità della vita che gli offriamo.
La “cura” cardiologica dell’ultraottantenne fa parte di questi problemi. Se la società mette a disposizione strutture, personale e mezzi idonei, il deterioramento fisico e mentale, l’immobilità, l’isolamento affettivo e sociale possono essere prevenuti e “ritardati”. Perché è mia impressione che l’invecchiamento della popolazione è un processo demografico e non una malattia sociale. L’attuale definizione di anziano, se si ha un’età superiore ai 65 anni, è anacronistica perché oggi spesso s’invecchia senza un evidente declino delle funzioni fisiche e mentali. La nuova realtà demografica richiede perciò un’analisi approfondita delle problematiche con risposte rapide ed efficaci da parte del personale sanitario (medici ed infermieri) e dei gestori politici della salute pubblica.
dott. Sabino Scardi