Anche Trieste ha il suo Monte Paschi: commissariate le Cooperative Operaie
Città architettonicamente e urbanisticamente diversissime ma unite dal fascino, da un backgroud culturale talmente elevato da risultare sproporzionato rispetto alle loro dimensioni e dalle nobili ma decadute tradizioni nel basket, Siena e Trieste si abbracciano in questo periodo anche nelle tribolazioni economiche.
Siena ha vissuto un vero dramma emotivo ed economico con la "morte" del Monte dei Paschi di Siena così come i senesi l'avevano conosciuto fin dal 1472, spolpato di decine di miliardi di euro da un nugolo di cavallette di diretta o indiretta emanazione politica di sinistra (PCI, PDS, DS, PD) che hanno da sempre governato la città e dal 1995 attraverso la Fondazione MPS anche la banca più antica del mondo.
Trieste, dal canto suo, è la culla delle Generali, terza compagnia di assicurazioni al mondo, che ha legato i suoi destini al capoluogo giuliano dal 1831. Il gruppo, che fattura 113,8 miliardi di euro, è il numero 3 in Italia dopo Eni ed Exor nonché 49° a livello mondiale. Il problema è che la prestigiosa sede di Trieste sta diventando una scatola vuota: la direzione è stata sposta l'anno scorso a Mogliano Veneto mentre i capi si stanno spostando a Milano. Ma questa è un'altra storia.
Perché oggi Trieste è scossa per il "pre-fallimento" delle Cooperative Operaie di Trieste Istria e Friuli nate nel 1903 e che hanno passato indenni, il passaggio dall'Austria all'Italia, due guerre mondiali, il fascismo, il governo militare alleato e addirittura 60 anni di governo Italiano. Con i suoi 44 punti vendita, i 114mila soci e i 718 dipendenti rappresenta il principale attore della grande e piccola distribuzione in Friuli Venezia Giulia.
Ebbene, da venerdì scorso le Coop sono state commissariate a causa di una voragine nei bilanci e dalla "totale illiquidità" nelle sue casse. Il problema principale ora? Mantenere i livelli occupazionali e restituire i 103milioni di euro che 17mila piccoli soci risparmiatori hanno prestato alle Coop e che da ieri non sono più disponibili. Saranno i Tribunali a fare le loro considerazioni ma trattandosi di prestito e non di deposito bancario si ha una quasi certezza di rientro del 30%. Intanto è stato nominato un amministratore giudiziario, Maurizio Consoli.
Nel recente passato avevano chiesto di puntare i fari sui bilanci delle Coop alcuni esponenti politici (Paolo Menis del Movimento 5 Stelle e Alunni Barbarossa dei Cittadini per Trieste), avvocati (Gianfranco Carbone), giornali locali meno affermati come La Voce di Trieste e intellettuali (Paolo Rumiz), ma i vertici politici cittadini e regionali hanno sempre fatto orecchie da mercante assieme al giornale locale (Il Piccolo, del Gruppo Espresso La Repubblica) che ingolosito forse dalle numerose inserzioni pubblicitarie delle Coop si è limitato a riportare qualche estemporanea voce di dissenso ma non ha mai svolto un'inchiesta seria sul tema.
Le colpe dei singoli in questo caso sono diffuse e soprattutto da dimostrare ma in ogni caso non possono sfuggire collegamenti col caso Mps. Anche qui politica e disinformazione hanno giocato un ruolo chiave nel gabbare 17mila triestini e i dipendenti delle Coop. Il cda uscito vincente dalle elezioni del 2012 copre l'intero arco istituzionale e politico: un inciucio in salsa triestina che ha fatto, spalleggiato in parte dal cda precedente, carne da porco di 111 anni di storia. Tra gli eletti oltre all'ex presidente Livio Marchetti, Alessandro Minisini (ex Margherita ora Udc), Renzo Codarin (ex presidente della Provincia con Forza Italia), Dario Crozzoli (ex presidente socialista della Provincia). La lista vincente è stata sostenuta da un altro ex pezzo grosso del PSI locale, Augusto Seghene, che ha piazzato la figlia Alessandra alla direzione dell'amministrazione e finanza.
Di chi sono le responsabilità di questo disastro è tutto da accertare, anche perché sembrano molto importanti le mosse fatte dalla precedente gestione, ma certo è che questa poltiglia di politicanti di tutte le salse non ha fatto una bella figura.
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