I colori del Sole nel piatto: il bianco e l’oro della polenta
Un’antenata della polenta nella Roma arcaica era la plutes, una farinata semiliquida a base di farro macinato, ma con l’introduzione del mais in Europa l’alimentazione cambiò.
Il mais estese ben presto infatti la sua popolarità, motivata dalla facile adattabilità e dalla ricchezza dei raccolti che permettevano di sfamare i ceti meno abbienti e con pochissima spesa. Quanti tipi di farine offre il mercato per preparare la polenta? “Sono presenti – risponde Alessandro Sensidoni, professore ordinario nella Facoltà di Agraria dell’Università di Udine – la farina di mais bianca e quella gialla. La farina di mais bianca è diffusa in particolare in alcune zone del Nordest dell’Italia e anticamente la sua scarsa fama era dovuta al colore: il bianco ha un simbolico significato non solo di purezza, ma anche di anemia, di povertà, comparato invece a quello della farina di mais gialla che detiene la brillantezza dell’oro, della ricchezza. Oggi sappiamo invece che è solo un preconcetto e che, bianca o gialla, la qualità alimentare è la stessa. Invece per quanto concerne la tipologia merceologica essa dipende dal tipo di macinazione della farina di mais bianca o gialla, cioè dalla bramatura: se macinata grossolanamente, in tal caso si chiama appunto a “grana” grossa, oppure a “grana” normale se macinata più finemente. In generale la farina di mais bianca o gialla detta bramata è adatta per ottenere una polenta dalla consistenza più soda”. Esistono in commercio delle miscele di farine? “Si possono trovare sul mercato anche miscele di farine composte da almeno due distinti tipi di cereali come, ad esempio, la farina taragna, meglio conosciuta come farina di polenta grigia. In questo caso la miscela è opportunamente dosata con una minore quantità di farina di mais gialla e una maggiore di farina di grano saraceno. Quest’ultima qualora venisse utilizzata singolarmente per preparare la polenta avrebbe un retrogusto metallico, amaro, noto ai consumatori tradizionali, ma generalmente poco apprezzato da altri. Ecco perché è consigliabile miscelarla alla farina di mais gialla. È particolarmente usata in Trentino e comunque nelle regioni del Nord dell’Italia”. La farina di mais biologica è quella di qualità migliore? “La farina di mais proveniente da coltivazione biologica si distingue non solo per la normativa europea che ne certifica la qualità della coltivazione e provenienza, ma anche perché riporta un “bollino” facilmente riconoscibile: proviene da mais coltivato senza l’uso di alcun prodotto chimico. Ma non per questo modifica i contenuti nutrizionali”. Cosa contiene la farina di mais non cotta? “Analizzando 100 g di farina “integrale” la percentuale maggiore è data dalla presenza di carboidrati, principalmente amidi, per l’83%. Scarse in quantità, ma di buona qualità, le proteine con il 10%, e i lipidi forniti sono del 7% (concentrati nel germe, ad alto valore nutrizionale perché polinsaturi, ma chiaramente assenti nella farina normale, perché degerminata prima di essere macinata). Il valore totale energetico è di 362 kcal. La composizione chimica della farina di mais fornisce un importante contenuto di potassio di 130 mg. La presenza di acqua nella farina di mais non cotta è, ovviamente, scarsa, ed è dunque necessario aggiungere l’acqua e cuocere bene per circa mezz’ora per ottenere l’alimento, rispetto alla polenta pronta al consumo che si trova in commercio confezionata sottovuoto e che richiede solo d’essere affettata: chiaramente la percentuale d’acqua presente sarà quella assorbita durante la cottura e, quindi, assai maggiore rispetto all’umidità della farina. Questa precisazione serve per risalire alla corretta percentuale dei costituenti nutrizionali ritrovati nelle tabelle dei libri”. E la farina di mais a cottura rapida? “Ritengo che offra diversi vantaggi rispetto alla farina di mais tradizionale perché il tempo di cottura è di poco meno di otto minuti in acqua calda. I valori nutrizionali sono i medesimi della polenta cotta in tempi normali ma, in più, la farina precotta può essere utilizzata per addensare zuppe vegetali o per preparare una pastella adatta a una croccante frittura. Determinante è la quantità d’acqua da utilizzarsi per la sua preparazione riportata sull’etichetta della confezione. Dalla proporzione d’acqua utilizzata ne risulterà una polenta cotta più o meno morbida”. Si può conservare la farina di mais dentro il congelatore? “Certamente purché essa venga raccolta in piccole quantità in sacchetti igienici e avendo cura di chiuderli senza aria all’interno. Le norme generali da osservare per la conservazione della farina di mais sono di tenerla lontana sia dalla luce che da fonti di calore, anche entro vasi di vetro a chiusura ermetica la farina di mais si conserva per alcuni mesi. Un buon consiglio è di leggere nella confezione il TMC, il tempo minimo di conservazione, che suggerisce al consumatore entro che periodo di tempo il prodotto va consumato. In aggiunta ad esso è specificato anche il tempo di scadenza della confezione oltre al quale non è consigliabile consumarlo. È bene porre attenzione all’eventuale presenza di farfalle: se comparissero all’interno della confezione è buona norma gettare l’intero contenuto negli appositi contenitori per i rifiuti organici”. La polenta cotta con la pentola di rame è più appetitosa? “Sicuramente il paiolo in rame è il recipiente più adatto alla preparazione della polenta per l’ottima distribuzione del calore. In commercio si trovano anche praticissime versioni azionate da un motorino che, muovendo un braccio mobile, mescolano senza interruzioni la polenta. Assai comodo è l’uso del bastone di legno dalla forma lunga e robusta: adatto per girare spesso la polenta mentre si cuoce. Ricordo infine che la polenta è un’ottima pietanza i cui gli elementi nutritivi mancanti possono essere facilmente integrati con la fantasia: con l’aringa, così come si consumava un tempo, con la salsiccia o il pesce. Il mais è un cereale privo di glutine e anche i soggetti affetti da celiachia possono tranquillamente farne uso, purché ci sia la garanzia del controllo di tutta la filiera produttiva”. Maria Rizzi BOX: Preparati per chi ama la polenta > TARAGNA: è una farina consumata nella Valtellina, composta da farina di grano saraceno e farina gialla e preparata con aggiunta di burro e formaggio. > SUF: tipico piatto del Friuli Venezia Giulia; la farina di mais gialla o bianca viene cotta con il latte e condita con abbondante burro. > PAPAROT: è una minestra friulana a base di una miscela di farina gialla e bianca cotta nel brodo con spinaci e salsiccia. > MIGLIACCIO: è una polenta morbida cotta con il sugo delle salsicce cucinate a parte; in aggiunta alle salsicce il piatto si arricchisce con dei ciccioli freschi. BOX: LA CONFRATERNITA DELLA POLENTA IN FRIULI “La cucina friulana è ricca di tradizioni che non debbono essere dimenticate”, dice il giornalista Silvano Bertossi, alias il Gran Priore della Confraternita della Polenta friulana, aggiungendo che “proprio la polenta è la pietanza che meglio rappresenta la civiltà contadina friulana”. “La Confraternita – spiega Bertossi – ha la duplice ambizione di recuperare e rivalutare il popolare alimento con il fine di ottenere un piatto genuino rispettando l’arte della cottura tramandataci dai nostri avi. Inoltre la Confraternita ha istituito un premio annuale da consegnare al mulinâr che s’avvale del merito di produrre la farina, per la polenta, utilizzando metodi di lavorazione artigianali come, ad esempio, la macinatura fatta con mulini a pietra”. Come vengono scelti i luoghi d’incontro della Confraternita? “Valuto scrupolosamente – risponde il giornalista – le zone in Friuli ove è possibile raccordare la cultura che quel particolare luogo esprime unitamente all’arte culinaria che il ristorante del posto offre; potendo così gustare una polenta fumante apprendendo, al contempo, la storia della meta prescelta. Sono cinque gli incontri annuali cominciati nel lontano 1997. Il gruppo di quanti aderiscono e desiderino aderire alla Confraternita si forma spontaneamente: ogni partecipante riceve il programma annuale che inizia con il primo incontro in aprile e si conclude, di solito, in ottobre”.