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Elezioni in Abruzzo: i veri numeri della tornata elettorale

 |  Redazione Sconfini

Il Partito del Popolo delle Libertà ha vinto con largo margine le elezioni anticipate tenutesi in Abruzzo. Il candidato berlusconiano, Gianni Chiodi, ha superato di oltre il 6% il principale avversario (Italia dei Valori) del centrosinistra Carlo Costantini. Tutti concordano sul fatto che i veri vincitori siano gli astensionisti, nauseati dai miasmi della politica italiana e abruzzese, ma questi ultimi - nonostante il fatto che rappresentino quasi il 50% degli aventi diritto e nonostante il chiaro segnale politico dato - sbagliano sempre e comunque poiché semplicemente delegano ai pochi che si recano alle urne la scelta su chi si piglia tutto.

Ma tentiamo ora di svicerare (e dove possibile sbugiardare) i tre assiomi condivisi dai media che hanno analizzato i risultati di questa tornata elettorale, che segue le elezioni in Trentino e in Alto Adige:

1) Vittoria del Pdl.

2) Crollo del Pd.

3) Eccezionale performance dell'Idv.

- Innanzitutto la vittoria del Pdl, netta anzi nettissima se si prendono in considerazione esclusivamente i daaltti percentuali rispetto alle Regionali del 2005 che avevano premiato il centro sinistra e Ottaviano Del Turco, poi costretto alle dimissioni a causa di un'inchiesta su presunte tangenti nella Sanità regionale. Allora il centrosinistra aveva vinto addirittura con il 58,1% contro il modesto (la frammentazione era quasi inesistente dal momento che era presente solamente un terzo candidato, rispetto ai 6 di questa tornata) 40,6% del candidato del centrodestra. L'affluenza fu di oltre il 68%. Il candidato sconfitto Giovanni Pace, sostenuto dall'allora Casa delle Libertà, raccolse ben 317.976 preferenze. Nell'aprile 2008 poi, il Pdl per la prima volta schierato nelle Politiche, ha aumentato ancora il consenso toccando quota 344.129 preferenze.

Quanto ha preso invece oggi, nel 2008, Gianni Chiodi, seppur vincitore netto nei confronti dell'avversario? 295.371 preferenze. Addirittura 22.605 voti in meno del suo avversario sconfitto nel 2005 e 48.758 voti in meno di aprile! Insomma, anche nel Pdl c'è da riflettere sull'emorragia di consensi registrata nonostante l'impegno in prima persona di Berlusconi e il fatto che l'annunciata vittoria fosse servita su un piatto d'argento da un Pd allo sbando e dai continui scandali giudiziari che hanno travolto il partito abruzzese: prima lo scandalo estivo sulle tangenti con Del Turco e poi, proprio a urne aperte, l'arresto del sindaco di Pescara (anche lui Pd) per un presunto giro di tangenti nel settore dei lavori pubblici.

- Sul crollo, annunciatissimo, del Pd c'è invece poco da discutere. Il partito di Veltroni, imprigionato in un ruolo difficile, all'interno di un partito che in parte gli rema contro in tutti i modi e in una coalizione con Idv sempre più difficile e votata al cannibalismo, esce ridicolizzato dal pre e dal post consultazione. Prima si è piegato alla volontà di Di Pietro di candidare un suo uomo anziché un uomo del Pd, poi ha accettato le regole dell'ex pm in tema di non candidabilità di inquisiti e condannati e infine ha dovuto recitare il ruolo di vittima sacrificale nei vari comizi cui ha preso parte. Nonostante la buona volontà dimostrata, è stata un disastro: di fronte alle accuse di Berlusconi riguardo al "problema morale" interno al Pd, invece di ridicolizzare e liquidare l'uscita del Presidente del Consiglio che da solo ha avuto più procedimenti penali di un'intera cittadina di 5.000 abitanti, ha seguitato a rispondere a tono, come dovesse giustificare a lui le beghe interne al suo partito, riuscendo, come ruggito massimo, a far capire agli italiani che il Pd è solamente "un po' meglio" del Pdl. Risultato? Da 259296 preferenze raccolte da Ds e Margherita nel 2005, si è passati a 106410 preferenze! Molto ma molto meno della metà. Un dato che da solo dovrebbe indurre all'immediata liquidazione del Frankenstein del centrosinistra e di tutti i suoi dirigenti. Ma la serietà non è di questo Paese e quindi, ne siamo certi, non accadrà nulla.

- La performace dell'Italia dei Valori di Di Pietro rappresenta invece una piccola sorpresa. Il candidato presidente era uomo dell'Idv e quindi non si può conoscere esattamente il peso che ha avuto in termini di preferenza di lista. Fatto sta che l'Idv è praticamente l'unico soggetto politico a crescere sia in termini relativi che in termini assoluti. E' possibile supporre che il desiderio più intimo dei dipietristi fosse addirittura quello di sorpassare il Pd in questa tornata per poter imporre un'opposizione più dura anche in Parlamento: così non è stato, ma se il trend di crescita dell'Idv dovesse proseguire, ci potrebbero essere sorprese ancora più grandi alle Europee del prossimo anno. Ma di quanto cresce l'Idv? Dal 2,4% (e 17861 preferenze) del 2005 si è passati ad un dirompente 15,03% (e 81557 preferenze) del dicembre 2008. Il partito di Di Pietro cresce di quasi il 500% in termini assoluti e di quasi il 600% in termini relativi. In questo senso la performance è destabilizzante su entrambi i fronti. Gli elettori si polarizzano nuovamente in berlusconiani e antiberlusconiani e bocciano ogni forma di inciucio mascherato da "dialogo" e l'opposizione morbida. Proprio per questo motivo, la performance di Idv spaventa Berlusconi forse più che Veltroni. Per il Cavaliere, più ancora che la modesta emorragia di preferenze di cui abbiamo parlato, la nota stonata è proprio nel grande stato di forma del suo fustigatore. Le sue parole negativissime sul leader dell'Idv non sembrano sortire l'effetto sperato sugli elettori. Anzi.


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