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Renzi e Farinetti come Craxi e Berlusconi?

 |  redazione sconfini

Tra l'ottobre 1984 e il giugno 1985, l'allora governo Craxi emanò tre decreti il cui combinato disposto assunse il nome di decreto Berlusconi.

Nell'ottobre '84, tre pretori impongono alle tre reti Fininvest (Canale 5, Italia 1, Rete 4) di sospendere l'interconnessione dei loro ripetitori, nelle regioni di loro competenza (Piemonte, Abruzzo, Lazio), poiché il sistema di videocassette per la messa in onda di programmi in contemporanea su tutto il territorio nazionale escogitato dalle aziende di Berlusconi eludeva l'art. 195 del Codice delle Poste e Telecomunicazioni che sanciva il monopolio della trasmissione televisiva su scala nazionale da parte della sola TV pubblica.

In fretta e furia, dopo un primo decreto bocciato dalla Camera, Craxi mise la fiducia su un altro decreto che conteneva norme a carattere transitorio in vista di una legge generale di riordino del sistema radiotelevisivo. L'obiettivo era quello di consentire a Berlusconi di continuare a trasmettere "legalmente" su tutto il territorio nazionale. Giunto a scadenza 6 mesi dopo, il decreto fu prorogato e poi divenne legge il 1° agosto 1985.

Pochi anni dopo, soffocato da Tangentopoli, il Partito Socialista e Craxi, vengono travolti e spariscono (il primo dai radar delle intenzioni di voto, il secondo fugge latitante in Tunisia). Berlusconi, divenuto ormai ultra miliardario e potentissimo grazie alle televisioni, scenderà in campo direttamente inaugurando un ventennio catastrofico per l'Italia.

farenziPur non ravvisandosi al momento episodi lampanti di corruzione o di illegalità manifesta, il rapporto che sta intercorrendo tra il premier Renzi e l'imprenditore Farinetti sta somigliando sempre più a quello esistito tra Craxi e Berlusconi. Con il primo che o tenta di far approvare, o promuove leggi favorevoli all'amico imprenditore e/o assegna appalti alle sue aziende.

Dell'appalto dato a Eataly all'Expo di Milano 2015 è stato detto tutto: all'impresa di Farinetti, grande finanziatore delle campagne elettorali del premier, è stato assegnato l'appalto senza gara per la gestione di due padiglioni per 8mila mq complessivi in cui funzioneranno 20 ristoranti, per un totale di pasti previsti di 2,2 milioni. Il 95% dei guadagni resterà nelle casse di Eataly, mentre la società pubblica che organizza l'evento (che sta spendendo centinaia di milioni di euro per questo Expo) si accontenterà di una royalty del 5%.

Il caso dell'affidamento a Eataly senza gara di enormi spazi pubblici non è però isolato: a Bologna è in fase abbastanza avanzata la "Disneyland del cibo" all'interno di un comprensorio immobiliare pubblico da 55 milioni di euro. Il progetto si chiama Fico Eataly World ed diventerà un enorme parco agroalimentare che dovrebbe sorgere tra la fine del 2015 e l'inizio del 2016 nell'area pubblica del Caab, il mercato ortofrutticolo del capoluogo emiliano grande come 10 campi da calcio. Farinetti gestirà questo spazio per 40 anni assieme ad altri investitori privati. Senza bando di gara.

Qualche inchiesta è in corso. Se a pagarne le eventuali conseguenze, come accaduto ai tempi del PSI, sarà solo il politico Renzi, non ci sarà nulla di strano se in un futuro non troppo lontano ci ritroveremo Farinetti quale candidato premier. Un tempo per plagiare le masse serviva il controllo dispotico del mezzo televisivo, oggi basta promettere un po' di cibo: in fondo siamo sempre stati così. Franza o Spagna purché se magna.

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