Additivi alimentari: utilizzati da secoli, sono sempre indispensabili?
Con il termine additivo alimentare si intende “qualsiasi sostanza normalmente non consumata come alimento in quanto tale e non utilizzata come ingrediente tipico degli alimenti, indipendentemente dal fatto di avere un valore nutritivo, che aggiunta intenzionalmente ai prodotti alimentari per un fine tecnologico nelle fasi di produzione, trasformazione, preparazione, trattamento, imballaggio, trasporto o immagazzinamento degli alimenti, si possa ragionevolmente presumere che diventi, essa stessa o i suoi derivati, un componente di tali alimenti, direttamente o indirettamente”.
Gli additivi alimentari svolgono diverse funzioni: in molti casi l’uso dell’additivo è indispensabile per ottenere alimenti salubri (sicuri sotto il profilo microbiologico), in altri casi essi vengono impiegati al fine di impartire ai prodotti alimentari le caratteristiche sensoriali e di consistenza desiderate o per modificarne l’apporto calorico.
> CLASSIFICAZIONE DEGLI ADDITIVI
Gli additivi possono essere suddivisi in due tipologie: conservanti in grado di prevenire lo sviluppo di microrganismi patogeni e di rallentare le reazioni degradative a carico degli alimenti; sostanze impiegate anche per conferire agli alimenti le desiderate caratteristiche sensoriali, nutrizionali, e contribuire ai processi di produzione degli alimenti.
Tra i conservanti si annoverano gli antimicrobici e gli antiossidanti. I primi sono additivi che inibiscono lo sviluppo negli alimenti di microrganismi patogeni (dannosi per la salute) e alterativi (responsabili del deperimento dell’alimento). Ne sono esempi: nitrati e nitriti, impiegati nelle carni crude stagionate (ad esempio salame) per prevenire lo sviluppo di Clostridium botulinum, un batterio che produce una tossina mortale per l’uomo; calcio propinato, che previene lo sviluppo di muffe in pane e altri prodotti da forno. Gli antiossidanti sono molecole in grado di rallentare reazioni di ossidazione a carico di lipidi, pigmenti, vitamine contenuti negli alimenti. Le conseguenze delle reazioni di ossidazione sono: cambiamenti indesiderati di odore e sapore, colore, potere nutrizionale ma anche formazione di molecole tossiche. Molti antiossidanti impiegati nell’industria alimentare sono di origine naturale, quali tocoferoli e acido ascorbico.
Tra gli additivi impiegati per conferire agli alimenti le caratteristiche desiderate si annoverano:
• Addensanti e gelificanti: sostanze in grado di conferire viscosità, consistenza o palatabilità, e stabilità agli alimenti. Sono rappresentati da idrocolloidi o gomme (carragenine, agar, alginati, gomma di guar, gomma di semi di carrube, gomma xantano, derivati della cellulosa, pectine), amidi e suoi derivati. Sono indispensabili per l’ottenimento di prodotti quali marmellate e confetture, budino, gomme da masticare.
• Emulsionanti: sostanze che rendono possibile la formazione o il mantenimento di una miscela omogenea di due o più fasi immiscibili (come olio e acqua). Ne sono esempi la lecitina e i mono e digliceridi degli acidi grassi. Vengono impiegati nella preparazione di condimenti per insalata e maionese, gelato, cioccolato, margarina.
• Coloranti: sono sostanze impiegate per conferire o ripristinare il colore originale (degradatosi in seguito all’applicazione di processi tecnologici) in un alimento. Tra i coloranti vi sono composti di origine naturale (licopene, curcuma, betalaina) e di sintesi.
• Edulcoranti: sostanze utilizzate per conferire sapore dolce ai prodotti alimentari. Si annoverano edulcoranti ipocalorici e acalorici. Tra i primi vi sono il sorbitolo, l’isomalto, il maltitolo (E965); essi conferiscono circa il 50% in meno delle calorie fornite dal saccarosio. Tra gli edulcoranti acalorici i più utilizzati sono la saccarina, l’acesulfame K, l’aspartame. Poiché questi dolcificanti sono 200-500 volte più dolci dello zucchero vengono utilizzati in dosi molto basse e per questo motivo non apportano calorie. La maggior parte degli edulcoranti acalorici sono prodotti di sintesi, ma ve ne sono alcuni di origine naturale, tra i quali la taumatina (E957), una proteina naturalmente dolce (2.500 volte più dolce dello zucchero) estratta dal frutto della pianta Thaumatococcus danielli. Questi edulcoranti vengono utilizzati anche in combinazione nella preparazione di alimenti senza zucchero, quali prodotti dolciari e bevande analcoliche.
• Esaltatori di sapidità: il più noto è il glutammato monosodico utilizzato per esaltare i sapori negli alimenti a cui viene aggiunto.
• Altri additivi: questo gruppo comprende regolatori di acidità, agenti antiagglomeranti, agenti anti-schiuma.
> COME SI VALUTA LA SICUREZZA IN EUROPA
Tutti gli additivi alimentari, oltre ad avere un’utilità dimostrata, devono essere sottoposti ad una valutazione di sicurezza completa e rigorosa prima di essere approvati per l’uso. Il principale organismo europeo di valutazione della sicurezza è il Comitato scientifico dell’alimentazione umana della Commissione europea (SCF - Scientific Committee for Food). Sempre a livello internazionale, esiste il Comitato congiunto di esperti sugli additivi alimentari (JECFA - Joint Expert Committee on Food Additives) dell’Organizzazione per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO) e dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS).
Le valutazioni si basano sull’esame di tutti i dati tossicologici disponibili, comprese le indagini sugli esseri umani e su modelli animali. Sulla base di tali dati, si stabilisce il livello massimo di additivi che non abbia effetti tossici dimostrabili, che si utilizza per stabilire il dato relativo alla “dose giornaliera ammissibile” (DGA) di ogni additivo alimentare. La DGA prevede un ampio margine di sicurezza e si riferisce alla quantità di additivo alimentare che può essere assunta giornalmente nella dieta quotidiana, anche per tutto l’arco della vita, senza rischi.
Il Comitato scientifico dell’alimentazione umana (SCF) incoraggia l’impiego di un livello minimo di additivi negli alimenti. Per assicurarsi che le persone non oltrepassino la DGA consumando in misura eccessiva un prodotto o troppi prodotti contenenti un particolare additivo, la regolamentazione europea esige che vengano condotte ricerche per esaminare il livello di assunzione di tali additivi da parte della popolazione e che vengano corrette le eventuali alterazioni delle modalità di consumo. Se occasionalmente il consumo giornaliero dovesse superare la DGA, è difficile che si verifichino effetti dannosi dato l’ampio margine di sicurezza che è stato fissato.
Secondo la normativa europea, gli additivi devono essere esplicitamente autorizzati a livello europeo prima di poter essere utilizzati negli alimenti. Nel 1989, la Comunità europea ha adottato una Direttiva Quadro (89/107/CEE) che ha stabilito i criteri di valutazione degli additivi e ha previsto l’adozione di tre Direttive tecniche specifiche: la Direttiva 94/35/CE sui dolcificanti, la Direttiva 94/36/CE sui coloranti e la Direttiva 95/2/CE sugli additivi di altro genere. Le tre norme stabiliscono: l’elenco degli additivi che possono essere utilizzati (con esclusione di tutti gli altri), gli alimenti in cui possono essere impiegati e gli eventuali livelli massimi consentiti. Queste Direttive sono affiancate da norme che definiscono i criteri specifici di purezza previsti per tali additivi.
> CHE EFFETTI POSSONO AVERE SULLA SALUTE?
C’è stata preoccupazione da parte del grande pubblico sul fatto che gli additivi potessero avere effetti nocivi, anche se accurate indagini dimostrano che tali convinzioni si basano spesso più su equivoci che su reazioni negative effettivamente identificabili. Soltanto in rari casi è stato dimostrato che tali sostanze provochino una vera risposta allergica (immunologica).
In alcuni soggetti sensibili sono state osservate reazioni alla tartrazina (E102, un colorante alimentare giallo) e al carminio (E120 o cocciniglia rossa). I sintomi includono eruzioni cutanee, congestione nasale e orticaria, anche se l’incidenza è molto bassa (secondo le stime, 1-2 persone su 10.000), e raramente reazioni allergiche IgE-mediate per il carminio.
Tra le sostanze che possono causare problemi in soggetti sensibili vi è il gruppo dei cosiddetti solfitanti, che comprende vari additivi a base di solfito inorganico (E220-228), tra cui il solfito di sodio, il bisolfito di potassio e il metabisolfito, contenente biossido di zolfo (SO2). Nei soggetti sensibili questi conservanti possono scatenare asma, fiato corto, respiro affannoso e tosse.
Il glutammato monosodico (MSG) è composto da sodio e acido glutammico. Quest’ultimo è un aminoacido che di trova in natura negli alimenti ricchi di proteine, come le carni e i latticini. L’MSG è anche un esaltatore di sapidità impiegato nei piatti pronti, in alcune specialità cinesi, nelle salse e nelle zuppe. L’MSG è stato “incriminato” di una serie di effetti collaterali tra cui mal di testa e formicolio, tuttavia gli studi scientifici non hanno dimostrato alcun legame tra l’MSG e queste reazioni. Anche l’aspartame, sostanza ad elevato potere dolcificante, è stato accusato di molteplici effetti negativi, nessuno dei quali confermato da studi scientifici.
Se, per la maggior parte della gente, gli additivi alimentari non costituiscono un problema, pochi soggetti che soffrono di allergie specifiche possono essere sensibili ad alcune di queste sostanze. Anche quando provocano effetti negativi, sembra che gli additivi alimentari accentuino una condizione preesistente piuttosto che scatenarla. Queste reazioni negative, che sono raramente di natura allergica, e la responsabilità degli alimenti o componenti alimentari, devono essere confermate da un professionista del settore sanitario o da un dietologo per evitare l’imposizione di inutili limitazioni dietetiche.
Il consumatore deve essere consapevole del fatto che gli additivi vengono utilizzati solo se esiste la necessità tecnologica e l’obiettivo ricercato non può essere conseguito con altri metodi praticabili dal punto di vista economico e tecnologico, e che nelle dosi impiegate non rappresentano un pericolo per la salute. In alcuni casi il non uso dell’additivo alimentare può essere responsabile dello sviluppo nell’alimento di microrganismi dannosi per la salute.
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