Le inclusioni del diamante
Non si può certo dire che sia il minerale più raro della Terra, ma la sua rarità gli viene attribuita, senza dubbio, per i rigidi standard cui il diamante deve corrispondere, in fatto di purezza e colore, per essere impiegato in gioielleria. Quanto alla bellezza, essa deriva non solo dalle straordinarie caratteristiche ottiche (l’alto indice di rifrazione e il potere di dispersione cui si deve il fuoco scintillante della gemma tagliata), ma anche dall’incomparabile trasparenza e dalla varietà di colori: dal “bianco” al nero, compresi tutti i colori dello spettro dal rosso al violetto.
Nessun’altra gemma può vantare tante proprietà desiderabili, e per questo motivo il diamante è classificato e valutato secondo criteri molto rigidi, che devono tenere conto del suo peso, taglio, colore e purezza. Il grado di purezza, o chiamato anche grado delle caratteristiche interne, è uno dei fattori essenziali nella valutazione di un diamante.
Per “inclusione” o “caratteristica interna” s’intende qualsiasi inomogeneità presente all’interno di un diamante: fratture, tracce di sfaldatura e di accrescimento, inclusioni cristalline di minerali diversi di varie forme, dimensioni, colorazioni. Queste inclusioni sono un’eloquente testimonianza del misterioso processo di creazione del diamante, una prova incontrovertibile della sua autenticità, e addirittura, a seconda del suo tipo e forma, un’opera d’arte della natura.
Molti considerano male le inclusioni che si possono individuare all’interno di un diamante e quindi le chiamano “difetti”: sono d’accordo che contribuiscono a ridurre il valore di una pietra, ma si può dire che una piccola impurità gli attribuisce un’individualità che la differenzia da milioni di altre, le conferisce un carattere d’unicità.
Ritornando alla purezza intesa come caratteristica fondamentale, un diamante si definisce internamente puro allorché, esaminato da un esperto in condizioni di lavoro ottimali, con un ingranditore a 10X (10 volte) corretto da aberrazioni sferiche e cromatiche, risulta esente da inclusioni.
Nell’assegnare il grado di purezza, si devono tenere in considerazione i seguenti fattori: dimensione, colore, forma, posizione e numero delle inclusioni. Queste sono, infatti, le componenti che concorrono a formulare il concetto di visibilità e di effetto riducente, concetti che stanno alla base della classificazione della purezza.
Il termine VVS (very very small) viene assegnato al diamante quando le poche inclusioni sono piccolissime e molto difficili da individuare a 10X. L’analista ha difficoltà ad individuarle per la loro ridotta dimensione (disegno 1).
Il grado VS (very small) viene usato quando nella pietra si riscontrano alcune piccole inclusioni che, a 10X, sono difficili da osservare (disegno 2).
La definizione SI (small inclusion) comprende quei diamanti con inclusioni che sono facili da individuare a 10X, ma che non influiscono assolutamente sulla brillantezza (disegno 3).
Il termine PIQUE'1 significa che la gemma presenta inclusioni immediatamente riconoscibili a 10X e difficili da osservare ad occhio nudo (disegno 4).
Nel grado di purezza PIQUE'2 si raggruppano i diamanti con inclusioni più grandi e/o numerose, riconoscibili ad occhio nudo, che diminuiscono in parte la brillantezza (disegno 5).
La definizione PIQUE'3 designa diamanti con grosse e/o numerose inclusioni, facilmente riconoscibili ad occhio nudo, che diminuiscono considerevolmente la brillantezza e possono compromettere la durabilità della pietra (disegno 6).
Va sottolineata, infine, la natura altamente selettiva delle categorie di purezza stabilite: la visibilità con un ingrandimento di 10 volte è un criterio preciso e severo. Le piccolissime inclusioni ammesse nelle categorie VVS e VS non hanno alcun effetto sulla bellezza del diamante, e anche nelle gemme classificate SI le inclusioni hanno uno scarso effetto sulla sua bellezza in quanto praticamente risultano invisibili ad un esame superficiale, ossia ad occhio nudo.
Billy Blasi