L’oro è ancora un bene?
Come ben si sa, il prezzo dell’oro oscilla quotidianamente sulla base delle contrattazioni internazionali e quindi immaginiamo che in quella giornata valga 15 euro al grammo, per un controvalore complessivo di 15.000 euro esatti sull’acquisto del nostro chilo d’oro. Su questo acquisto il commerciante deve applicare l’IVA e un minimo di ricarico (solitamente attorno al 10-15%): la cifra finale reale sarà pertanto vicina ai 20.000 euro. Se si dovesse rivendere il giorno dopo (ammettendo che il prezzo non sia cambiato) lo stesso quantitativo d’oro allo stesso gioielliere, però, il venditore vedrebbe dispersi i circa 5.000 euro che ha pagato in più, ricavando dalla vendita esattamente i 15.000 euro di valore dell’oro.
È vera però anche un’altra regola riguardo gli investimenti in oro: nel lungo periodo, soprattutto in periodi turbolenti, con guerre e instabilità economica, il valore dell’oro cresce sempre, e da sempre. In questi periodi, infatti, l’oro è molto richiesto perché è il bene rifugio per eccellenza, e in più anche le nazioni corrono ad accaparrarsi il biondo metallo per dotarsi di una solidità economica in caso di vari eventi.
Ricaviamo, quindi, una prima regola fondamentale per gli investimenti in oro. Investire nell’oro può essere anche molto conveniente, ma deve passare un tempo sufficientemente lungo per ammortizzare la spesa del “surplus” (IVA e ricarico) e poter beneficiare dell’aumento del valore del metallo.
Per fare un esempio un po’ più alla portata della gente comune, supponiamo di voler vendere 100 grammi d’oro sommando una catenina, un anello e dei gemelli e, per comodità, ipotizzando che tutti siano da 18 carati. Innanzitutto cerchiamo di definire il concetto di carato. Un oggetto d’oro da 18 carati significa che il mio monile è composto per il 75% da oro puro e per il restante 25% da altri componenti nobili e non, un oggetto d’oro da 14 carati è composto per il 55,5% da oro puro e il 44,5% da altri componenti legati, un oggetto da 6 carati ha il 33,3% d’oro puro e il 66,7% di legato. Una parte del legato, a sua volta, può essere un metallo più prezioso dell’oro, come il palladio, oppure più economico come l’argento, il rame o il cadmio (a seconda della tonalità che si vuole dare all’oggetto, spaziando dal giallo al bianco o al rosa). Ai miei oggetti, quindi, una volta che la perizia del gioielliere ha confermato che fossero da 18 carati, viene applicata una sorta di coefficiente. Ad esempio, il valore dei miei 100 grammi sarà moltiplicato per 0,75 (la percentuale d’oro) e poi sarà sottratto un ulteriore 0,05 per spese di fusione, affinazione (momento in cui, nel corso della lavorazione, viene persa una parte del metallo) e perizia. Se porto 100 grammi di oro da 18 carati, quindi, sarò pagato per 70 grammi di oro puro all’esatto valore della quotazione del giorno. Meno carati avrà il mio oggetto, più bassa sarà di conseguenza la percentuale che incasserò. In questo caso, quindi, il venditore perderà il valore aggiunto pagato in precedenza per la lavorazione ed anche il valore del legato.
“Il prezzo proposto, viceversa, da un commerciante d’oro – spiega Giorgio Macovez, titolare della gioielleria GSM 2000 – per un oggetto da 18 carati è di circa 6 euro al grammo”. Visto che tutti i gioiellieri e commercianti possono ritirare l’oro usato, è meglio quindi affidarsi sempre al proprio gioielliere di fiducia? “Assolutamente sì – risponde Macovez – perché è importantissimo avere un rapporto di fiducia con un gioielliere: bisogna potersi affidare all’onestà ed alla professionalità di chi si conosce per questo genere di prodotti ma non solo”.
“Un consiglio utile che posso dare – aggiunge ancora Macovez – è quello di diffidare sempre di un prezzo troppo basso nel caso in cui si decida di acquistare: quel prodotto potrebbe non essere di qualità o, peggio, di dubbia provenienza”.
G.M.