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Artrosi del ginocchio: i primi campanelli d'allarme

 |  Redazione Sconfini

Se si è attenti, si possono a volte cogliere i primissimi segnali di disagio o di affaticamento del ginocchio: una fitta e in seguito il dolore, che da localizzato può diventare diffuso; nei movimenti di flessione, gli scrocchi articolari. Trascurando un problema o non risolvendolo alla fonte, questo si aggrava: la causa dell’artrosi al ginocchio infatti potrebbe trovarsi, per effetto delle catene muscolari, in altre parti del corpo (nel collo, nella dentatura, nella zona lombare).

Il corpo mette in atto un meccanismo di difesa indotto: limita o blocca il movimento in modo progressivo o completo per non sentire dolore. Ecco perché, dopo numerose fasi acute e croniche, il dolore in alcuni casi si può ridurre, diventare silente e sparire… per ripresentarsi a distanza di tempo in altri distretti del corpo. Questo processo, prima infiammatorio e poi artrosico, vede la zona lombare come una delle prime a risultare colpita, ma viene messo in atto dal corpo in qualsiasi sua parte, seguendo sempre la stessa modalità, automaticamente.
Il primo sintomo è il dolore al ginocchio che può essere accentuato dal movimento. La cartilagine comincia ad assottigliarsi, le strutture capsulo-legamentose si infiammano, si usurano, fino ad arrivare a contrasti fra i condili del femore e i piatti tibiali. La patologia progredisce e degenera fino all’artrosi (gonartrosi) perché l’articolazione o viene sollecitata troppo o, più di frequente, in malo modo. Fattori predisponenti possono facilitare tale processo. L’aumento di peso è sicuramente un fattore favorevole così come il verificarsi di un cattivo allineamento tra tibia e femore (ginocchio varo o ginocchio valgo); dismetabolismo, disbiosi intestinali, osteoporosi, concorrono anch’essi a tale patologia.
Il gonfiore evidente al ginocchio è il secondo sintomo: è la membrana sinoviale che reagisce alla presenza di microcorpuscoli intra-articolari, tipici della degenerazione artrosica, producendo del liquido sinoviale per “lubrificare” meglio l’articolazione. Quando il versamento è importante aumenta la pressione a livello dell’articolazione e quindi i dolori del paziente riferiti soprattutto nella parte posteriore del ginocchio, l’ispessimento della capsula, l’ispessimento dell’articolazione del ginocchio stesso, che risulta visibilmente diverso dall’altro sano. Nelle artrosi di ginocchio “evolute”, il terzo sintomo è proprio la deformazione dell’arto inferiore. E l’usura della cartilagine e dell’osso portano il ginocchio ad aumentare il varismo o valgismo già presente. Il paziente progressivamente è impedito nel camminare correttamente, zoppica e talvolta l’uso delle stampelle può rivelarsi necessario.
Le malattie infiammatorie dell’osso a livello dei condili femorali, i postumi di fratture articolari di ginocchio e la rottura del legamento crociato anteriore o dei menischi, sono tutte patologie che possono condurre ad un’artrosi. Ai fini diagnostici l’esame radiografico è indispensabile nelle varie proiezioni possibili.
Il trattamento medico dell’artrosi ha lo scopo in un primo momento di alleviare il dolore somministrando farmaci anti dolorifici ed antiinfiammatori. Recentemente dei nuovi farmaci antiinfiammatori (gli anti-cox 2) sono stati commercializzati e prescritti, in quanto danno meno effetti collaterali (riduzione di dolori, bruciori e ulcere allo stomaco). Un’altra importante risorsa terapeutica è l’infiltrazione intra-articolare di cortisone: può essere praticata più volte, in condizioni di rigorosa asepsi, per scongiurare il rischio di infezione. Le infiltrazioni di acido ialuronico o di altri condro-protettori, sembrano poter dare risultati promettenti: studi scientifici in corso stanno confermando questa tendenza.
Quando questi trattamenti non sono più efficaci, viene proposta la chirurgia. Nelle artrosi meno avanzate, una pulizia dell’articolazione in artroscopia può permettere di regolarizzare piccole lesioni meniscali e il “lavaggio” e la rimozione di tutti quei microcorpuscoli, legati alla degenerazione cartilaginea, tipici dell’artrosi e responsabili di importanti crisi dolorose. Le due più importanti possibilità chirurgiche nel trattamento della gonartrosi sono le osteotomie e le protesi di ginocchio. L’osteotomia di ginocchio corregge l’asse anatomico dell’arto inferiore: in tal modo il peso del paziente si riporta su della cartilagine sana. La protesi totale o monocompartimentale di ginocchio, al contrario, sostituisce la cartilagine ormai inesistente. Infine il trapianto di cartilagine: attualmente non applicato in casi di degenerazione artrosica, è indicato in postumi traumatici, in soggetti giovani, dove vi sia una perdita isolata di cartilagine mai generalizzata.
Ignazia Zanzi
Gonartrosi: i trattamenti chirurgici

La superficie interna del ginocchio è rivestita da cartilagine articolare costituita da cellule altamente specializzate e differenziate, i condrociti, immerse in una matrice extracellulare. Questo tessuto è specializzato e permette funzioni uniche all’interno di questa articolazione. L’alterazione della sua struttura cambia le proprietà biomeccaniche che determinano nel paziente dolore, perdita di mobilità del ginocchio e sensazione di instabilità. Le lesioni della cartilagine sono attualmente molto frequenti anche in considerazione del miglioramento degli accertamenti strumentali che hanno consentito una maggiore precisione diagnostica; spesso le lesioni cartilaginee si associano ad altre lesioni interne al ginocchio.
Per il trattamento delle lesioni condrali di piccole dimensioni è possibile utilizzare la tecnica dello shaving che essenzialmente consiste nel praticare con uno strumento motorizzato una pulizia della cartilagine sofferente che consente tra l’altro di asportare corpi mobili o flap cartilaginei responsabili di dolore e scatti articolari. Il lavaggio articolare del ginocchio consente anche di ridurre la concentrazione degli enzimi idrolitici responsabili in parte del dolore. Attualmente l’intervento di shaving articolare non dovrebbe essere proposto come trattamento, in quanto il risultato è molte volte insignificante e non risolutivo; spesso però, nella pratica clinica quotidiana, ci si trova a doverlo eseguire per il riscontro contemporaneo di lesioni meniscali e cartilaginee verso le quali non è possibile intervenire in altro modo. Le indicazioni sono il riscontro o il sospetto diagnostico di lesione condrali di piccole dimensioni o l’artrosi conclamata.
La protesizzazione del ginocchio consiste nel ricostruire chirurgicamente l’articolazione formata dai condili femorali, dal piatto tibiale ed eventualmente dalla rotula mediante posizionamento di componenti artificiali. Le protesi hanno rivoluzionato il trattamento di malattie invalidanti come l’artrosi quando sono causa di fenomeni distruttivi delle superfici della cartilagine articolare e che provocano dolore e limitazione funzionale. Negli ultimi anni la tecnologia ha sviluppato numerosi modelli protesici, ispirati a principi meccanici e biologici diversi al fine di meglio riprodurre la fisiologia articolare, tra cui le protesi a menisco mobile. Attualmente i materiali utilizzati hanno lunga durata, e dall’analisi di varie statistiche è emerso che il 90-95% dei pazienti operati presenta sopravvivenza dell’impianto protesico a 10-15 anni dall’intervento. Gli scopi della protesizzazione del ginocchio sono quindi: rimuovere il dolore, fornire un’articolazione dotata di buona capacità di movimento e di stabilità, correggere le deviazioni assiali.
Esistono diversi tipi di protesi: le monocompartimentali e quelle totali. Le prime vengono usate per artrosi di un solo compartimento e hanno minore invasività, le seconde per i casi di degenerazione di tutti i compartimenti. Nelle fasi più avanzate di artrosi primaria del ginocchio monocompartimentale e artrosi primaria del ginocchio bicompartimentale, non esistono possibilità terapeutiche alternative, considerando le controindicazioni e complicanze possibili; i rimedi palliativi possono essere anche del tutto inefficaci come per esempio le terapie fisiche (ultrasuoni, ionoforesi, laser) o la terapia medica locale (infiltrazioni).
La riabilitazione del ginocchio operato è essenziale per ottenere un buon risultato; viene effettuata secondo protocolli ben precisi. Lo scopo è comunque quello di poter iniziare la riabilitazione immediatamente dopo l’intervento. In generale bisogna prevedere 4-6 settimane, prima di poter ritrovare un’autonomia completa. La prognosi per un ritorno completo alla vita normale di relazione può configurarsi in tre mesi.

foto: Haley Phelps


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