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La parola al cardiologo: il farmaco generico

 |  Redazione Sconfini

Da molto tempo sono costretto a prendere medicinali per curarmi da vari acciacchi più o meno importanti che mi assillano e per tenere a bada il mio cuore che ogni tanto dà segni di insofferenza. Poiché sento sempre più spesso parlare di farmaci con o senza brevetto, approfitto della sua disponibilità per chiederle: c’è da fidarsi dei cosiddetti farmaci generici?  (Lettera firmata)

 

Un qualsiasi farmaco dopo alcuni anni perde il brevetto, perciò chiunque, conoscendo la formula, è in grado di riprodurlo con le stesse caratteristiche del farmaco originale, e queste industrie, poiché non hanno fatto ricerca per ottenere il brevetto, sono in grado di dispensarlo ad un prezzo nettamente ridotto, anche di oltre il 50%.


Tuttavia molti medici e moltissimi pazienti spesso sono restii ad acquistare il farmaco generico perché lo considerano “meno sicuro”. Questo è un errore perché l’Agenzia del farmaco del Ministero della salute non può permettere che sia messo in commercio un farmaco “nonalt sicuro”. Di conseguenza anche i farmaci generici, che è meglio definire “equivalenti”, sono sottoposti agli stessi controlli dei farmaci “originali” ma con brevetto scaduto. Del resto questi preparati generici sono in vendita negli Stati Uniti e in tutti i Paesi dell’Unione Europea. L’unico controllo che devono fare il medico prescrittore e il farmacista dispensatore è quello di verificare se il preparato generico ha lo stesso dosaggio di quello originale prescritto in precedenza. Pertanto nessuna paura e nessuna ritrosia per il “generico”.


È importante invece che il paziente assuma regolarmente il farmaco prescritto dal proprio medico o da quello ospedaliero, nelle dosi consigliate e per il tempo di prescrizione. Ad esempio, alcuni farmaci per la prevenzione delle cardiopatie devono essere assunti per tutta la vita. Inoltre, è un grave errore sospendere o ridurre la dose di un preparato solo perché ha provocato un leggero mal di testa o un po’ di mal di stomaco. È più razionale recarsi dal proprio medico curante e riferire l’inconveniente verificando insieme se questo effetto indesiderato è veramente da ascrivere al preparato che si sta assumendo. Sarà lui poi a decidere, d’accordo con il paziente, se sostituirlo o meno. Compito del paziente invece – lo ribadisco – è quello di collaborare alla cura assumendo regolarmente il farmaco alle dosi e alle ore prescritte. Solo in questo modo si può assicurare un trattamento curativo efficace.


Non tutti conoscono il costo della spesa farmaceutica che lo Stato deve sopportare per dispensare e assecondare la richiesta di farmaci di fascia A, in altre parole per quelli offerti gratuitamente a tutti. Nei primi 9 mesi del 2007 la spesa lorda per i farmaci di classe A è globalmente diminuita in confronto allo stesso periodo del 2006 (-3,0%) e ciò grazie alla distribuzione diretta da parte degli Ospedali e dei Servizi sanitari territoriali, e anche per l’introduzione di alcuni preparati “generici” molto diffusi quali alcune statine per abbassare il colesterolo cattivo, un preparato utilizzato per la cura dell’ipertensione arteriosa e un altro per proteggere lo stomaco. In generale le dosi prescritte sono state circa 880 per ogni 1.000 abitanti con un aumento del 2,6%; nello stesso tempo l’uso di farmaci generici è incrementato del 24,1% e ciò ha reso possibile un grosso risparmio. In questo “consumo” farmacologico i preparati utilizzati per la cura delle malattie del sistema cardiocircolatorio occupano il primo posto rappresentando il 49% dei farmaci prescritti e il 37% della spesa farmaceutica: in particolare, occupa il primo posto assoluto per prescrizioni e per spesa un farmaco che cura sia la pressione arteriosa sia lo scompenso cardiaco (ramipril), seguito da tutti i preparati a base di aspirina.


Alla spesa per i farmaci di fascia A (a totale carico dello Stato) dobbiamo aggiungere quella dei cittadini per i farmaci di classe C prescritti dai medici curanti ma a pagamento (+ 0,1% rispetto al 2006) ed infine il consumo dei farmaci autoprescritti dagli stessi malati (+2,1% rispetto al 2006).

dott. Sabino Scardi, professore di Cardiologia Università di Trieste

 


In collaborazione con Help!

 


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