Calla in umido
L’elemento caratteristico che la contraddistingue è un’appariscente brattea, detta spata, che avvolge i fiori posti sullo spadice; la spata, che può essere variamente colorata in funzione della specie, è una foglia trasformata avente l’aspetto di un unico esteso petalo dalla curvatura imbutiforme. Il suo aspetto unico ed inconfondibile è contraddistinto, inoltre, dalla presenza di larghe foglie basali (lunghe il doppio della larghezza) di color verde uniforme o punteggiate o striate con diverse tonalità di verde. La pianta ha un’altezza variabile tra i 65 ed i 145 cm, è una bulbosa perenne che fiorisce generalmente da aprile sino ad autunno inoltrato, ed appartiene alla famiglia botanica delle Araceae. La cultivar più utilizzata è la cosiddetta “Perla di Stoccarda”, dal colore bianco puro.
Di chi stiamo parlando? Per i più disattenti che non hanno letto bene il titolo, diciamo che il fiore misterioso è la calla. Perché in umido? Il motivo è semplice: la calla è una pianta che ha molta sete, e quindi si trova a suo agio soprattutto quando è coltivata in zone particolarmente umide. Pertanto, la calla mostra il suo massimo splendore nel caso in cui sta vicino all’acqua, il suo ambiente originario, dove si può mescolare assieme ad altre piante acquatiche, oppure presso stagni e fontane dove può dar origine a piccole oasi di vegetazione. La calla, infatti, è un fiore originario dell’Africa centro-meridionale, dove cresce spontaneamente (otto specie) in molte regioni comprese tra l’Equatore ed il Capo di Buona Speranza, nel Natal, nel Transvaal, nel Basutoland, zone ricche di terreni paludosi od umidi. È stata introdotta per la prima volta in Europa nel 1731.
Il nome botanico “ufficiale” della calla, comunque, è Zantedeschia (prima dell’Ottocento chiamata Richardia) e deriva da un tributo al medico e botanico italiano Francesco Zantedeschi, vissuto tra il 1773 ed il 1846, come riconoscimento per i suoi studi. Tale denominazione, però, risulta poco utilizzata anche perché, per una curiosa coincidenza di tipo linguistico, questo fiore è noto con lo stesso nome in molti idiomi differenti: calla (dal greco kallos, bello), nome molto più armonioso nella pronuncia e facile da memorizzare.
Anche se si tratta di una pianta originaria delle paludi tropicali, la calla si può coltivare anche in vaso all’interno di un appartamento; l’importante è che i rizomi abbiano un periodo di riposo dopo la fioritura e lo sviluppo, riducendo di molto le annaffiature. Per metterle al riparo dal pericolo di congelamento, nell’Europa centrale è diffusa l’usanza di far svernare le calle sott’acqua, sistemando i vasi ad una profondità di circa mezzo metro.
Nel linguaggio dei fiori la calla si regala per omaggiare la bellezza di una persona; altri significati solitamente attribuiti ad essa sono: volubilità, raffinatezza, “non ti dimenticherò”. Nella cosiddetta età vittoriana (regno della regina Vittoria, vissuta tra il 1819 ed il 1901), periodo ispirato alla riservatezza e geloso delle tradizioni, la calla è stata investita a simbolo della nobiltà e della raffinatezza, divenendo il regalo perfetto per suggellare un’amicizia veramente importante od una dichiarazione di profonda stima. È divenuto anche un fiore simbolo del periodo Liberty (stile fiorito nei primi anni del Novecento, così chiamato dal nome del proprietario di una ditta d’arredamento di Londra) grazie al suo aspetto semplice e composto: si diceva, infatti, che fosse il fiore della “linearità modernista”. Il galateo suggerisce che il bouquet con calle bianche venga utilizzato in particolare dalle spose, ma è anche “concesso” il suo impiego in battesimi e comunioni dal momento che il colore bianco richiama alla memoria la purezza e l’innocenza.
A.V.