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Sostenibilità, eticità e rispetto verso il prossimo: i valori della cooperazione

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Quale peso e quale ruolo occupa la cooperazione internazionale negli attuali equilibri mondiali? Ne parliamo con Franco Crevatin, etnolinguista docente alla Scuola superiore per interpreti e traduttori di Trieste nonché responsabile e fondatore del Corso di laurea magistrale in Cooperazione interculturale allo sviluppo, attivo dal 2008 presso l’Università giuliana.

Partiamo dal nome del corso. Perché cooperazione “interculturale” e non “internazionale” allo sviluppo?
“Da un lato – risponde Crevatin – perché si propone di rappresentare la continuazione, attraverso un’adeguata preparazione, per gli studenti che hanno concluso il corso di laurea di primo livello in Scienze e tecniche dell’interculturalità, da qualche anno soppresso; dall’altro perché in questo settore l’aspetto della cultura di chi coopera e di chi “vuole essere cooperato” è molto importante. Ci sono dignità umane e dignità culturali che devono essere valutate attentamente”.
Questo cosa significa?
“Per proporre interventi adeguati bisogna essere consapevoli della cultura e degli stili di vita della popolazione che si vuole aiutare, del territorio, e di molti altri fattori. È assurdo ad esempio proporre la costruzione di asili nido in Africa Occidentale – come è stato fatto – senza tener conto del fatto che lì le famiglie non hanno i soldi per pagarli e che in ogni caso ciascun bambino è sì figlio di mamma e papà, ma viene allevato da tutto il villaggio, il quale si prende cura di lui e lo sorveglia”.
L’importazione di sistemi di sviluppo “occidentali” è stata infatti da molti anni sostituita da una nuova filosofia che punta ad aiutare la popolazione nel trovare da sola la soluzione dei propri problemi, fornendo per lo più competenze tecniche, logistiche e finanziarie.
“Tuttavia la popolazione non è sempre disponibile ad accettare tali stimoli. Spesso si incontra una certa diffidenza iniziale, e quindi la persona va guidata attraverso gli strumenti della sua cultura oppure rischia di dare delle priorità che in realtà non sono tali, in quanto alcuni problemi possono essere risolti solo sistemando altre questioni a monte. Non si possono sconfiggere alcune malattie se prima non si dotano i villaggi di adeguati sistemi idrici e si educa la popolazione all’igiene”.
Esiste ancora l’assistenzialismo?
“A livello generale ci sono tante realtà che lavorano molto bene; tuttavia esiste ancora chi opera mosso da un certo buonismo fine a se stesso e che spesso non porta a niente, se non a un impiego insensato e poco produttivo delle risorse”.
Perché investire tanto su persone che non vedremo mai?
“Per diversi motivi. Perché siamo tutti cittadini del mondo, che è come un condominio e, in quanto tale, è ridicolo non curarsi di ciò che accade alla porta accanto. Perché consente di incontrare nuovi mondi e nuove culture, e quindi di crescere, imparando ad avere una visione più ampia e più a lungo raggio. Quando dicevo ad alcune persone che l’Europa sarà quello che è l’Africa, mi riferivo ai problemi concernenti le risorse idriche e la crisi economica; fenomeni che generano emigrazioni e squilibri economici a livello mondiale. In tutto questo la Cina sembra esser il Paese più lungimirante, e lo testimonia la sua crescente presenza in Africa, dove sta acquistando enormi territori coltivati per prepararsi alla grande carestia del futuro. Quando c’è, la cooperazione fa bene sia a chi dà sia a chi riceve, in quanto si instaura un rapporto di fiducia, e quindi la possibilità di avviare collaborazioni reciproche”.
In futuro dunque questo settore è destinato a ricoprire un ruolo sempre più importante?
“Credo proprio di sì”.
La cooperazione internazionale serve a riparare i danni arrecati dall’Occidente nei Paesi in cui si è imposto con le sue politiche colonialiste pre e post industriali?
“Fondamentalmente sì, ma dovrebbe restituire soprattutto un rapporto etico”.
Sul tema della cooperazione la Regione Friuli Venezia Giulia, con l’istituzione dei Tavoli tematici di coprogettazione per la cooperazione decentrata, aveva lanciato un’idea innovativa in Italia. Perché questi tavoli, nonostante i buoni risultati raggiunti, sono stati chiusi?
“Lo Stato dedica pochi fondi alla cooperazione allo sviluppo, e la Regione, con la nuova giunta, ha seguito la sua linea. Sono state dunque chiuse le attività con l’America Latina e con l’Africa per dedicarsi esclusivamente all’area dell’Est Europa nell’ottica di effettuare degli investimenti. In ogni caso bisogna dire che la Regione sta lavorando bene e che a livello individuale c’è una certa vivacità con interessi per politiche di investimento anche negli altri Paesi in via di sviluppo. E già il fatto che ci sia un certo interesse a investire, è un buon segno”.
I tavoli si sono dimostrati anche un ottimo strumento per fare rete tra la moltitudine di soggetti presenti sul territorio…
“Le associazioni devono assolutamente fare sistema. Ovviamente devono anche essere soggette ad una discriminazione e darsi delle norme di comportamento, ma la comunicazione e la collaborazione in questi ambiti è fondamentale”.
Riescono a capirlo i suoi studenti tutto questo?
“Gli studenti capiscono, non solo perché io queste cose le ho vissute e cerco di trasmetterle a loro mettendoci la mia personale sensibilità, ma anche perché questo corso di laurea si caratterizza per avere un’impostazione particolare, dove gli esami vengono sostituiti dal lavoro in piccoli gruppi costantemente monitorati, ed è finalizzato all’insegnamento di competenze soprattutto pratiche e applicative con l’obiettivo di non creare filosofi o studiosi, ma persone pronte a lanciarsi sul campo. Ed è per tale ragione che richiediamo studenti fortemente motivati che nella vita vogliono fare questo”.
Qual è il termine per le iscrizioni?
“Entro fine agosto”.
Corinna Opara


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