Era meglio Air France o il piano Fenice?
L'accordo che l'esanime Governo Prodi aveva trovato sul caso Alitalia con Air France poco prima delle elezioni che hanno dato il via al quarto Governo Berlusconi, era stato bollato da quest'ultimo come una svendita che l'Italia non poteva accettare. Il prestigio di avere una propria compagnia di bandiera in mani italiane "non ha prezzo", "non si può regalare Alitalia ai francesi". Non si poteva fare. "Ho pronto io un piano industriale per salvare Alitalia - ripeteva a pochi giorni dal voto Berlusconi - ho pronta una squadra di imprenditori pronta a finanziare il progetto, mi servono solo 300 milioni di euro per il prestito ponte necessario a tenere in vita la compagnia per qualche mese". Dopo mesi di silenzio sulla vicenda, ecco pronto il piano Fenice. Berlusconi aveva davvero un piano, che ha puntualmente presentato ai sindacati e alla nazione a fine agosto. Il nome prende spunto dall'araba fenice, la leggendaria creatura che muore in un rogo che lei stessa ha contribuito a creare e che rinasce dalle sue ceneri.
Nessun giornalista della televisione e della stampa italiana, salvo il Sole 24 ore, ha però messo seriamente a confronto i due piani. Quali sono i numeri in ballo? Ai cittadini conviene? Come sono stati scelti e da chi questi salvatori della patria?
Tentiamo quindi in questo schema di riassumere i punti fondamentali sui dati che, seppur in un groviglio di cifre e di contraddizioni, possiamo considerare come attendibili.
1. PIANO FINANZIARIO
OFFERTA AIR FRANCE-KLM L'impegno finanziario era previsto in 2,4 miliardi di euro (1,4 miliardi a copertura dei debiti e 1 miliardo per il rilancio della compagnia), che sarebbe stato completamente incassato dagli italiani, senza ulteriori spese a carico dei contribuenti
PIANO FENICE Alitalia viene divisa in due: la bad company è la società che si tiene tutti i debiti (che saranno pagati dallo Stato, quindi dai cittadini sottoforma di tasse per 1 miliardo, dai creditori e dagli azionisti per i restanti 400 milioni) Gli investitori italiani propongono di reperire 1 miliardo di euro per acquistare la good company, la parte sana di Alitalia.
2. ESUBERI (LICENZIAMENTI)
OFFERTA AIR FRANCE-KLM Erano previsti 2.150 esuberi. Per i sindacati erano troppi, per l'allora candidato premier un'esagerazione, un regalo troppo grande per i francesi.
3. NUMERO DI VOLI
OFFERTA AIR FRANCE-KLM Jean-Cyril Spinetta si era impegnato a mantenere attive 84 destinazioni.
PIANO FENICE Il piano di Berlusconi prevede solo 65 destinazioni. Circa equivalenti le destinazioni a lungo raggio.
4. TARIFFE
OFFERTA AIR FRANCE-KLM Nel piano non rientrava AirOne, che quindi resta in teoria l'unico competitor di Alitalia per i voli nazionali, con la funzione quindi di abbassare i prezzi.
PIANO FENICE Nel pacchetto "Fenice" rientra anche AirOne, compagnia in difficoltà economica, che quindi viene inglobata nella nuova Alitalia, la quale diventa di nuovo monopolista nei cieli nazionali e potrà permettersi di aumentare le tariffe, a tutto scapito anche in questo caso dei cittadini. Che beneficio c'è nell'inserire anche AirOne nel pacchetto? Serve forse a salvare le banche che hanno dato credito a Carlo Toto?
5. VALUTAZIONE DI ALITALIA
PIANO FENICE La cordata di coraggiosi imprenditori che sta prendendosi Alitalia mette sul piatto 300 milioni per comprare slot, marchio, rete di vendita, aerei migliori. Il valore reale è molto molto più elevato. Perché non si permette anche ad altri come ad esempio la Lufthansa di partecipare all'asta? E' nell'interesse degli italiani incassare il più possibile.
6. LOCK UP
PIANO FENICE I 16 imprenditori intendono vendere tra cinque anni e non prima. Il vincolo del lock up però può essere aggirato con una ricapitalizzazione fatta da altri soci (Air France ha già fatto sapere di essere interessata ad entrare, per ora, con una quota di minoranza). Tra cinque anni si potrà rivendere in blocco ad un altro vettore straniero oppure ad Air France, che quindi potrà disporre di altri 5.000 stipendi in meno rispetto a quelli preventivati e di nessun debito (già ripagato dalle tasse degli italiani). A quel punto il cerchio sarà chiuso: Alitalia nelle mani dei soli francesi che non avranno più vincoli o impegni con il nostro paese, gli imprenditori saranno arricchiti dall'operazione senza rischiare un euro e i cittadini vessati prima con il prestito ponte, poi con i debiti della vecchia Alitalia da pagare, con le tariffe più alte per gli spostamenti in Italia e infine senza più il minimo controllo sulla ex compagnia di bandiera.
7. CONFLITTI DI INTERESSE E COMPENSAZIONI
OFFERTA AIR FRANCE-KLM Non rilevate, non erano coinvolti gli italiani.
PIANO FENICE Ma chi sono e perché questi imprenditori, che nulla hanno a che spartire con il traffico aereo, si sono buttati in quest'avventura? Iniziamo da Carlo Toto: ha 450 milioni di debiti e li infila tutti in Alitalia (cioè nel fondoschiena degli italiani) e in più suo nipote è eletto in Parlamento nelle file del Popolo della Libertà. Seguono l'immobiliarista Salvatore Ligresti, pregiudicato fin dai tempi di Tangentopoli, Marcellino Gavio pluripregiudicato nella stessa epoca, i fratelli Fratini, impegnati anche loro nel ramo immobiliare, Marco Tronchetti Provera, che dopo i "capolavori" in Telecom spera, come i primi due, di assicurarsi qualche vantaggio immobiliare in occasione dell'Expo 2012 di Milano. Bisogna costruire stazioni, palazzi, magazzini, alberghi, infrastrutture, due metropolitane. C'è da scommettersi che ci guadagneranno. Poi c'è il clamoroso caso della famiglia Benetton, che ha costruito ed è gestore dell'aeroporto di Fiumicino e quindi potrà decidere quali tariffe far pagare alla sua Alitalia. Nella compagine c'è anche Davide Maccagnini, il quale secondo Repubblica è uno che produceva missili per testate nucleari e ora fa il palazzinaro e punta a qualche terreno. Segue Francesco Bellavista Caltagirone, che con l'ATA punta sullo scalo di Linate, il berlusconiano Emilio Riva e un'altra potente famiglia: i Mercegaglia. Emma, presidente di Confindustria, e il gruppo di famiglia famoso per i numerosi patteggiamenti e condanne a padre e figlio. Dove c'è puzza di bruciato poi, non poteva mancare un banchiere, in questo caso Corrado Passera, di Intesa, il quale sarebbe anche di centrosinistra ma è pronto a voltarsi verso dove tira il vento. E infine c'è Roberto Colaninno, famoso per aver riempito di debiti Telecom e per essere stato condannato in primo grado per bancarotta assieme al suo nuovamente socio Mercegaglia senior. Il figliolo Matteo, ministro ombra nel governo fantasma di Veltroni, si è inizialmente imposto un etico "NO" di facciata alla proposta del Piano Fenice, poi ha ritrattato imbarazzato e non ha più toccato l'argomento.