Derivati bidone al comune di Milano: anche il figlio di Bassolino tra i presunti truffatori
Truffa aggravata per circonvenzione di incapace. Più o meno potrebbero essere riassunte così le accuse che il Nucleo di Polizia Tributaria della GdF di Milano attraverso il procuratore aggiunto di Milano Alfredo Robledo, ha rivolto a importanti esponenti del mondo finanziario e bancario e quattro banche. La vittima, l'incapace di intendere e di volere, nientemeno che il Comune di Milano. Tra gli accusati citati dal documento di chiusura dell'indagine 415 bis ci sono anche Gaetano Bassolino (il figlio del chiacchieratissimo Governatore della Campania, del Pd) e Mauro Mauri (già consulente finanziario dell'ex sindaco di Milano Gabriele Albertini).
L'inchiesta nasce sulle macerie della vicenda dei derivati, bidoni finanziari stipulati a danno dell'amministrazione comunale di Milano, e relativi al prestito obbligazionario sottoscritto nel 2005 per un importo di circa 1,6 miliardi dall'ente. Questa cifra avrebbe generato profitti illeciti in favore delle banche superiori ai 100 milioni di euro.
12 funzionari di banca, 2 del Comune e 4 istituti bancari sono coinvolti nella vicenda: gli indagati sono Tommaso Zibordi e Carlo Arosio di Deutsche Bank, Gaetano Bassolino, Matteo Stassano e Alessandro Foti di Ubs Limited, Antonia Creanza, Fulvio Molvetti, Luca Brusadelli, Francesco Rossi Ferrini e Simone Rondelli (membro del cda di A2A) tutti di JP Morgan Chase Bank, Marco Santarcangelo e Francis William Marrone di Depfa Bank Plc, dell'ex direttore generale del Comune di Milano Giorgio Porta e di Mauro Mauri, esperto esterno componente della Commissione tecnica comunale preposta alla valutazione delle condizioni finali del prestito obbligazionario per la ristrutturazione del debito del comune di Milano. Le quattro banche coinvolte sono Deutsche Bank, Ubs Limited, JP Morgan Chase e Depfa. Tutti gli indagati, secondo l'accusa, hanno concorso a stipulare contratti derivati, che sarebbero dovuti servire a ristrutturare il debito del Comune di Milano, senza che in realtà ne sussistesse la convenienza economica per l'ente stesso, certificandola falsamente «con artifici e raggiri», come sostenuto nel documento di chiusura indagini.