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La Federazione Italiana Maricoltori

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Chi non ha mai sentito il richiamo del mare? Chi non ha mai fantasticato davanti al tramonto del sole che regala l’ultimo purpureo respiro prima di spegnersi oltre l’orizzonte dell’acqua?

Il mare, però, non è solo una chiave per sognare, uno strumento per divertirsi immergendovisi durante l’estate o il soggetto di moltissimi quadri e opere d’arte. Per una piccola parte della popolazione, invero, il mare è la vita stessa, al punto che il ritorno che ogni tanto si è obbligati a fare sulla terraferma diventa una semplice parentesi prima di tornare al suo vero mondo, quello marino. Stiamo parlando dell’affascinante mondo di quelli che per semplicità chiameremo pescatori e marinai, anche se in realtà questi abitanti del mare svolgono una serie di attività che spesso poco hanno a che fare con amo e filo.
Ma facciamo un passo indietro, al lontano 1968, quando un gruppo di pescatori del Golfo di Trieste (quindi l’ampia fascia costiera che abbraccia il mare da Muggia al Villaggio del Pescatore) seduto a un tavolo dell’osteria “Al Pescatore” dà vita alla Federazione Italiana Maricoltori. L’obiettivo, sulla carta, è quello di obbligare gli aderenti al mutuo soccorso rifacendosi alle antiche casse corporative. Purtroppo, e questo è un altro dato peculiare di lavora con la pesca, i soldi scarseggiavano, o meglio erano completamente assenti, e così invece di foraggiare le famiglie che avevano perso l’uomo di casa in mare o anziché contribuire alla dote delle figlie dei pescatori, come avviene per altre casse più danarose, il mutuo aiuto si concentrava e continua ancora oggi a concentrarsi al soccorso in mare, al traino del collega in difficoltà, al prestito nei confronti di chi ha rotto una fune o una rete.
Per 13 anni la Federazione Italiana Maricoltori del Golfo di Trieste opera nel settore del “volontariato del mare” senza alcun riconoscimento ufficiale (“mancavano anche i soldi per andare dal notaio”, ricorda Mario Bussani, storico presidente e anima dell’associazione). Finalmente, nel 1981, nasce la vera associazione di volontariato, davanti al notaio, e ben presto prende i galloni di Onlus e di Ong (Organizzazione non governativa) specificatamente con compiti legati al mondo del mare. Attualmente il presidente Mario Bussani, dopo aver girato letteralmente il mondo (dalla Norvegia al Giappone, dai Caraibi al Ghana, dalla Tunisia al Venezuela), lavora in tutto il Mediterraneo come “guardiano” per conto dell’Unione europea nel breve periodo dell’anno in cui è permessa la pesca del tonno.
Tra le principali battaglie solidaristiche che la Federazione Italiana Maricoltori sta combattendo in questi anni, c’è la costituzione di una “Casa del Marinaio”, una sorta di presidio che possa dare accoglienza ai pescatori che si ritrovano senza casa, ai migranti, ai rifugiati, ai marinai sbarcati o scappati da navi e ai pescatori in pensione. Ai tempi dell’Impero Asburgico c’erano addirittura tre Case dei Marinai (una svizzera, una inglese e l’altra dell’Impero), poi dal 1918 ne rimase in piedi solo una (quella austriaca, diventando nel frattempo italiana) e nel 1954 fu chiusa anche quest’ultima. Da tempo l’associazione chiede di poter disporre di un piccolo rudere di proprietà dell’Autorità portuale di Trieste per farne una nuova Casa del Marinaio, ma finora non ci sono state risposte. Né positive, né negative.
Giuseppe Morea

BOX: Il Presidente della Federazione

Per parlare di Mario Bussani (classe ’37) e della sua filosofia di vita conviene fare un lungo passo indietro nel tempo, per giungere alla seconda metà dell’800. Siamo in pieno periodo asburgico e l’Impero austroungarico si distende dal Triveneto all’Ungheria passando per la Boemia e per quella che pochi decenni dopo diventerà la Jugoslavia.
Tra le tante isole e gli innumerevoli scogli che spuntano nell’Adriatico orientale, davanti alle coste che oggi sono croate e che solo nel XX secolo hanno cambiato quattro volte dominazione (Austria, Italia, Jugoslavia, Croazia), c’è n’è una piccolissima, stretta pochi metri e lunga poche decine di metri: si chiama Gagliola. Il suo nome è famoso perché qui si incagliò Nazario Sauro con il suo sommergibile. Su questo scoglio hanno vissuto per decenni due famiglie, tra le quali quella del nonno di Mario Bussani, che si occupava di tenere acceso il “faro” dello scoglio, allo scopo di evitare alle imbarcazioni di passaggio un naufragio, e che ebbe quattro figli.
“Il virus del mare – sorride oggi Bussani – è quello di mio nonno, che non volle mai lasciare il suo scoglio, dove morì, e per tantissimi anni visse con l’amata moglie anche a costo di andare a fare la spesa con la barca a remi ogni settimana sulla terraferma e ogni mese, sempre remando, a fare rifornimento di carburante. Il mio amore viscerale per il mare è certamente un suo retaggio”.
Ma Mario Bussani non è solamente un romantico pescatore. Nel 1968 ebbe l’idea (divenuta realtà nel 1972) di istituire il parco marino di Miramare, prendendo spunto dai suoi lunghi e numerosi viaggi per mare. Ancora oggi è Alto Commissario per l’Ue nel Mediterraneo.
G.M.


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