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Val Cornappo: da Nimis alla grotta Pre Oreak

 |  Redazione Sconfini

Attenzione: "Affittasi mesi estivi (anche a settimana) tre soggiorni, tre camere da letto, tre bagni, garage, ogni confort e per cerimonie. Rivolgersi a ...". Specie negli ultimi tempi, ho letto ripetutamente simili annunci su cartelli fosforescenti posti sulla porta o la finestra di una casa o di un appartamento che aspetta speranzoso di essere locato o acquistato. Dietro il cancello in questione, però, sonnecchia la Villa Strassoldo ad Attimis (Udine) e nella mia testa stride il contrasto tra il cartoncino colorato e il nome dell'antica famiglia. Chissà quanto costa mantenere un tal popò di passato? Evidentemente un'enormità.

 

La parentesi non ci distrae però dalla nostra vera meta: la Val Cornappo, che parte da Nimis, a Nordest di Tarcento (Udine), e termina nell'omonimo paesetto alle pendici del Gran Monte, una splendida muraglia verde di 1.600 e passa metri, che corre parallela ai Musi delle Prealpi Giulie, anticipandoli. È una catena perpendicolare alla valle, costantemente davanti a noi come un vivido mega schermo.

 

La strada corre accanto al torrente Cornappo, incastrato fra le alte pareti di roccia e bosco. Questa volta siamo motorizzati e cerchiamo con difficoltà un piccolo parcheggio o una rientranza per sgranchirci le gambe, scendere al torrente e fare un bagnetto in una delle pozze d'acqua.

 

I punti migliori, purtroppo, sono già occupati: s'intravedono gli asciugamani colorati dei ragazzi dei dintorni arrivati saggiamente in bici. Non sono molti per la verità, ma nemmeno le pozze sono numerose. Il torrente in alcuni punti è asciutto, e ci si deve spartire quello che rimane. Quando troviamo uno spazio siamo quasi increduli e impreparati alla lotta per accaparrarcelo.

 

Ci facciamo distrarre da un vero posto macchina poche decine di metri più avanti, delimitato da una staccionata di legno. Non occupiamo il masso con vasca da bagno naturale incorporata, e bastano pochi minuti per vedercelo soffiare sotto il naso da un baldanzoso ragazzo. Non è certo il caso di intervenire o di dividere con lui il poco spazio. Ci rassegniamo e continuiamo l'esplorazione appena iniziata.

 

Anche oggi siamo fortunati. Un paio di cartelli indicano che siamo incappati nella grotta Pre Oreak. Ci vediamo anche ritratti. Sì, perché oltre alle indicazioni tecniche, c'è la raccomandazione di non entrare nella cavità senza equipaggiamento (casco, stivali e impianto di illuminazione); e siccome non è un luogo attrezzato, le visite sono consigliate solo agli esperti. Il concetto è sottolineato da un disegno di un simpatico ometto bardato come uno speleologo e ribadito da un secondo disegno che in pratica, parafrasando, spiega che l'ingresso è vietato ai deficienti in pantaloni corti, maglietta maniche corte e scarpe da ginnastica (appunto come siamo vestiti noi).

 

Che fare? Almeno vedere l'entrata di questo budello di 420 metri che scende nella roccia fino a collegarsi con il sovrastante abisso di Vigant. Non è facile trovare l'imboccatura, nascosta com'è dagli arbusti in mezzo al guado, ma ci riusciamo. Arriviamo alle scale puntellate nella roccia che salgono fino alla Pre Oreak. Fa impressione quel buco nero, sembra una bocca che sta per inghiottirti. Il fresco proveniente dalla cavità, però, ci fa piacere e ci rinfresca un po' prima di ridiscendere nella caldazza.

 

Purtroppo per noi, nonostante il paesaggio sia suggestivo, non riusciamo a farci un bagno. Il torrente, infatti, soffre della mancanza di pioggia. Le rocce portano le tracce dell'abbassamento dell'acqua, in alcuni punti diventata stagnante, e le alghe fluttuano abbarbicate alle pietre. Sembra una romantica descrizione di Ofelia fra le ninfee, in realtà ho intenzionalmente taciuto uno stormo inverosimile di insetti volanti grandi e piccoli che come kamikaze si fiondano sulla nostra tenera carne, per non parlare delle bellissime farfalle che si posano sui nostri pantaloncini colorati scambiandoci per dei fiori succulenti (poverine...) e degli insetti dalle zampe oblunghe che nuotano a pelo d'acqua assieme a una miriade di girini e pesciolini. Mi viene in mente il libro "La mia famiglia e altri animali" dell'entomologo Durrel dove lui racconta la sua infanzia a Corfù e la sua passione per ogni genere di animaletti che andava a scovare nella torrida estate greca.

 

Martoriati dai bozzi delle punture ci rifugiamo in macchina e continuiamo fino a Cornappo paese, che però non ci entusiasma. Salendo fino alla piazza raggiungiamo una trattoria che guarda un enorme blocco di cemento armato in costruzione. È imponente e ingombrante in uno spazio così ristretto (tanto quanto il condominietto accanto al locale), e ci accorgiamo che si tratta di una chiesa in costruzione. Anzi, LA chiesa.

 

Perdiamo interesse esplorativo e incominciamo a sentire la stanchezza. "Che ne dite di un bicchiere di Ramandolo per tiraci un po' su?". Gli occhi s'illuminano e l'entusiasmo riparte. Riprendiamo il nostro cammino sostando solo qualche minuto presso la bellissima chiesetta di S.S. Trinità (secolo XII), poco fuori Monteaperta, costruita su una collina che guarda la valle sottostante. Ignorando Villanova e le sue grotte, raggiungiamo quindi Ramandolo, il paese del dolce vino bianco Doc, e ci fermiamo in un bar-enoteca aggrappato al fianco della collina. Esternamente c'è una corte dove, sotto l'ombra di imponenti alberi, sono sistemati dei tavoli in legno. E lì, sorseggiando beatamente un bicchiere di Ramandolo e ammirando il panorama, ci godiamo la fine di questa giornata. Un finale pure conveniente visto che, evitando i negozi, dai contadini della zona è possibile acquistare dell'ottimo vino Doc a prezzi onesti.

 

Ivana Macor

  


In collaborazione con Help! 

 

 


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