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La dermatite atopica

 |  Ignazia Zanzi

E' il tipo di dermatite più consueto in età pediatrica (dal 10% al 12% a livello mondiale nei Paesi occidentali a maggior sviluppo economico), ma non è insolita anche nei soggetti adulti.

È una dermatite pruriginosa recidivante che esordisce generalmente in bambini di età inferiore ai cinque anni, ma abitualmente mai prima del terzo mese di vita. Circa il 95% dei casi si risolve positivamente nell’età adolescenziale, mentre è molto raro l’esordio nell’età adulta. “La dermatite atopica – afferma il dottor Alessandro Gatti, dermatologo dell’U.C.O. di Dermatologia e Venereologia dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Ospedali Riuniti di Trieste – un tempo chiamata eczema costituzionale, è solo un aspetto di una condizione generale, detta atopia, a carattere familiare che induce un’anomala reattività a numerosi stimoli (antigeni batterici, virali, alimentari o aerotrasportati come i pollini o gli acari della polvere) ed una predisposizione soggettiva a diverse malattie infettive cutanee (impetigine, verruche, mollusco contagioso) e respiratorie”.

 

L’atopia come condizione biologica sembra essere in aumento. A cosa si deve?

“Non è possibile dare una risposta certa. L’ipotesi più accreditata, valutando l’evidenza clinica delle diverse manifestazioni non solo cutanee ma anche interessanti le vie aeree superiori e le allergie alimentari, è quella che sia un segno di un’anomala reattività immunitaria presente e frequente soprattutto nelle società cosiddette del “benessere”, dove paradossalmente il fatto di vivere in ambienti puliti, privi di certi agenti patogeni, stimolerebbe in maniera anomala il sistema immunitario a riconoscere in modo prevalente e più precoce allergeni alimentari che inducono preferenzialmente un ipersviluppo di popolazioni di cellule immunitarie deputate alla sintesi di IgE, anticorpi tipici della risposta allergica. Si è osservato, infatti, che la dermatite atopica è meno frequente in Paesi come Cina, India e in Africa (meno del 5%), dove probabilmente lo stile di vita permette un contatto abituale e frequente con allergeni batterici: questo evento favorirebbe una maturazione del sistema immunitario più equilibrata e senza ipersviluppo di cellule deputate alla produzione di IgE. Le popolazioni originarie di Paesi a bassa incidenza di dermatite atopica, quando emigrano in Paesi più sviluppati, manifestano un’incidenza della dermatite atopica simile a quella della popolazione autoctona. Queste evidenze rafforzano e confermano l’ipotesi che la condizione di familiarità, di predisposizione genetica ad allergie in senso lato, anche se non se ne conoscono a fondo tutti gli aspetti, è fortemente condizionata dall’ambiente in cui si vive”.

 

Qual è il quadro clinico della dermatite atopica?

“Può avere aspetti e segni cutanei non necessariamente presenti contemporaneamente ma che di solito sono facilmente riconoscibili da un occhio esperto e determinanti al fine di una diagnosi clinica. Nel lattante la localizzazione dell’eritema è generalmente nel volto con un aspetto tipico “a mascherina”, cosiddetto perché la parte centrale non interessata è pallida per contrasto con la parte interessata da arrossamento. Ci possono essere poi sulle parti estensorie degli arti chiazze eritemato-vescicolose, pruriginose e a volte essudanti, che successivamente si localizzano sulle pieghe flessorie degli arti. La facies atopica caratterizzata da colorito pallido e occhiaie, l’interessamento delle pieghe cutanee, a volte le ragadi sotto l’orecchio, facilitano la diagnosi. Nell’adulto facilmente si manifesta lichenificazione, un ispessimento con accentuazione del disegno a quadrellatura della pelle, soprattutto su polsi e pieghe degli arti. Elementi unificanti sono il prurito e la secchezza cutanea”.

 

Il soggetto atopico può sviluppare anche una sintomatologia extracutanea?

“Questi segni cutanei non sono sempre presenti insieme e la cute non è il solo organo interessato da atopia. I soggetti possono essere interessati da altre manifestazioni allergiche: asma, rinite, congiuntivite e allergie alimentari, ed alle volte i segni extracutanei sono prevalenti nel quadro clinico. Il sospetto di un’allergia alimentare può essere confermato da opportuni test, e solo in caso di positività opportune diete ad eliminazione dell’alimento responsabile daranno vero giovamento. Vanno quindi attentamente valutate e non incoraggiate in bambini piccoli le pratiche di diete ad esclusione eccessivamente restrittive. Sembrano, invece, avere validità le indicazioni che alcuni danno per scongiurare e prevenire l’iperreattività immunitaria, che in linea di massima si possono così riassumere: l’allattamento materno procrastinato oltre i 12 mesi sarebbe protettivo, come pure lo svezzamento progressivo e graduale soprattutto introducendo alcuni alimenti istamino-stimolanti e allergizzanti (uova, pomodoro, cioccolato, soia) singolarmente e a piccole dosi”.

 

A cosa è ipersensibile la cute del paziente?

“Si registra spesso un’ipersensibilità alle punture d’insetto, a stimoli sia chimici che meccanici, e anche al contatto con il caldo, il freddo e il secco dell’ambiente, alle polveri e agli acari”.

 

È caratterizzata da recidive?

“È molto importante che il piccolo affetto da dermatite atopica sia seguito nel corso della malattia dallo specialista dermatologo, in collaborazione con il pediatra e con i genitori stessi, che devono essere consapevoli della possibilità di ricadute. Il quadro clinico, nel corso degli anni, è destinato a modificarsi continuamente e richiede adeguati aggiornamenti dei provvedimenti terapeutici, che devono seguire le fasi di miglioramento e di peggioramento della condizione patologica con l’obbiettivo di ottenere fasi di miglioramento più rapide e più durature possibili, per ridurre al minimo gli effetti collaterali delle terapie usando i farmaci a disposizione con la dovuta misura”.

 

Quali sono le possibili terapie?

“La terapia della dermatite atopica si avvale di farmaci che servono ad attenuare il prurito (antistaminici) e di medicazioni locali con pomate e creme antinfiammatorie e cortisoniche, senza abuso però. Siccome la pelle dei bambini atopici è secca, occorrerà in primo luogo idratarla, utilizzando creme, bagni idratanti ed emollienti (nella cura e nel mantenimento queste pratiche sono parte integrante del trattamento). Quando si verificano delle sovrainfezioni (impetigine) è necessario effettuare una terapia antibiotica topica o sistemica. I farmaci più recenti, immunosoppressori, si sono rivelati in alcuni casi armi efficaci: naturalmente è imprescindibile una strettissima sorveglianza degli effetti collaterali e verso le eventuali controindicazioni. È opportuno tranquillizzare i genitori perché, anche se è vero che la malattia può durare anni, il figlio potrà avere anche lunghi periodi di benessere; la persistenza della malattia nell’adulto con quadri clinici impegnativi è cosa fortunatamente molto rara”.

 

È opportuno osservare delle regole comportamentali?

“La detersione e l’idratazione della cute nel bambino atopico costituiscono un problema di rilevante importanza, a causa dell’elevata incidenza di tale patologia nella popolazione infantile. La cute del bambino atopico è iperreattiva, quindi facilmente irritabile, e ciò anche per la sua particolare secchezza e il prurito caratterizzante la dermatite. Il lavaggio cutaneo deve avvenire con regolarità, in modo non intensivo, ed utilizzando prodotti mirati per la cura della pelle atopica, con acqua tiepida e non troppo calda. La cute deve essere idratata quotidianamente anche nei periodi di benessere. Per i bambini che hanno un’iperreattività nei confronti dell’acaro della polvere, è indispensabile prendere dei provvedimenti di igiene microambientale, soprattutto nella stanza da letto (eliminare tappeti, tende, pupazzi di stoffa, ed usare materassi e cuscini antiacaro). La temperatura della stanza da letto, infine, deve essere non elevata, il bambino non troppo coperto (se suda spesso, si sveglia con crisi di prurito) e l’ambiente adeguatamente umidificato”.

Ignazia Zanzi

 

 In collaborazione con Help!

 

 


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