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Malattie da raffreddamento: influenza vera o presunta?

 |  Redazione Sconfini

Con l'avvicinarsi dell'inverno s'incomincia a parlare sempre più di influenza, tosse e raffreddore. Tutti sintomi che secondo molti specialisti rischiano di colpire soprattutto i soggetti più deboli come anziani e bambini. Questi ultimi, inoltre, devono anche affrontare il rientro a scuola dove il rischio di contagio è più alto. Ma non è corretto parlare sempre di influenza.

Per saperne di più siamo andati a sentire il dottor Andrea de Manzini, specialista in pediatria e allergologia.

 

Si può parlare di malattie da raffreddamento?

"Le malattie da raffreddamento in realtà non esistono. O meglio non esistono le malattie date dal freddo. Il freddo non fa venire il raffreddore o la febbre, può far venire al limite la tosse in quanto un calo delle temperature può aumentare la broncoreattività. Ma questa è praticamente l'unica eccezione, altrimenti c'è sempre il coinvolgimento di un'infezione virale, che è la vera causa. Il freddo è solo una concausa. Un virus attacca l'organismo o perché si trasmette con l'aria o con le mani, o perché è presente a livello delle mucose e delle vie respiratorie. Nel momento in cui si abbassano le temperature, diminuiscono anche le difese immunitarie locali e quindi è più facile che si sviluppi l'infezione virale. I bambini, andando a scuola e in asilo, "pagano" la socializzazione con un alto numero di infezioni virali. Detto questo, le malattie da raffreddamento, se così le vogliamo chiamare, sono caratterizzate da infiammazione delle mucose di tutti i segmenti dell'apparato respiratorio e perciò si esprimono con sintomi locali come rinite, mal di gola, laringite, bronchite, otite, e sintomi generali come febbre, mal di testa, malessere. Solo raramente ci sono vere complicazioni, come l'otite e la polmonite batteriche. Ad ogni modo, nella maggior parte dei casi tutto finisce in 3-5 giorni. Talvolta sono associati sintomi gastrointestinali come vomito e diarrea. Il tutto dipende dal virus in causa, e questi virus sono moltissimi. Per il fatto che sono moltissimi, ce n'è sempre qualcuno che non abbiamo ancora incontrato e questo vale ovviamente di più per i bambini, che sono solo all'inizio della lunga storia di banali infezioni virali di cui noi tutti siamo protagonisti".

 

Cos'è il raffreddore?

"Il raffreddore è la rinite, cioè l'infiammazione della mucosa nasale con ipersecrezione di muco, da cui il naso chiuso e gli starnuti. È il sintomo più frequente delle virosi ma, come detto, può ed è di solito associato agli altri sintomi che ho nominato. I bambini più piccoli sono colpiti da quattro a otto episodi di virosi ogni inverno, i bambini in età scolare da due a sei e gli adulti da due a cinque".

 

Quali sono i sintomi dell'influenza?

"I sintomi dell'influenza vera, quella di cui ogni inverno ci minacciano i media, sono comuni a molte altre malattie da virus: febbre, mal di testa, malessere generale, tosse, raffreddore, dolori muscolari ed articolari. Soprattutto nei bambini, si possono manifestare anche sintomi a carico dell'apparato gastrointestinale (nausea, vomito, diarrea). C'è da dire che l'influenza vera ha una durata maggiore (almeno 5-7 giorni) e un coinvolgimento più rilevante per quanto riguarda il mal di testa e il malessere. Il virus dell'influenza è un virus che muta spesso e che perciò non consente all'organismo di "ricordare" bene i precedenti contatti e quindi di difendersi".

 

Quali sono le complicazioni dell'influenza?

"Le complicazioni dell'influenza vera sono, come per tutte le altre virosi, prevalentemente le polmoniti batteriche e l'otite. Oltre a questo, le infezioni respiratorie aumentano la reattività dei bronchi e perciò sono causa di asma nei pazienti predisposti".

 

Come si curano le malattie da raffreddamento?

"La terapia è uguale per tutte e va proporzionata ai sintomi. Un bambino che ha solo un po' di tosse e qualche starnuto con un po' di febbre e che gioca ed è abbastanza tranquillo, non deve prendere niente. Con un minimo di prudenza può anche uscire. Anzi, il movimento, lungi da fargli male, costituisce una sorta di fisioterapia spontanea che evita il ristagno di secrezioni e quindi le complicazioni (il vecchietto che ha l'influenza e si mette in poltrona, fermo, fa la polmonite proprio perché non espande il polmone e si espone all'infezione delle secrezioni che ristagnano). Quando invece i sintomi sono più rilevanti e fanno sì che il bambino stia male perché ha tanta febbre, dolori alle ossa ed ai muscoli, vomito, è giusto usare antifebbrili (che sono anche antinfiammatori) e antivomito. I mucolitici non hanno mai mostrato di essere realmente efficaci, mentre qualche aerosol con la soluzione fisiologica può essere utile a sciogliere il muco in presenza di complicazioni (polmonite o altro). Va naturalmente prescritta e somministrata una terapia specifica sotto controllo medico".

 

In quale momento un genitore deve ricorrere al consiglio medico?

"Quando si resta nei criteri di minima, ossia un po' di tosse e febbre, per un paio di giorni si può aspettare e basta. Altrimenti con una telefonata si può capire se il bambino ha qualcosa di più di cui sia il caso preoccuparsi. Una febbre molto alta o una compromissione maggiore della situazione generale del bambino meritano sempre un contatto col medico, e così il vomito. Infine, la comparsa di difficoltà respiratoria del bambino con rumore nell'inspirazione (che potrebbe essere dovuto ad una laringite) o nell'espirazione (che potrebbe essere dovuto ad asma) deve essere segnalata per una valutazione tanto più rapida quanto più sono evidenti i sintomi".

 

Se un bambino sta molto male o si ammala spesso, cosa si fa dopo la guarigione?

"L'altro aspetto è proprio quello della valutazione a posteriori del bambino in termini di frequenza e durata degli episodi e di complicazioni degli stessi. Diverso è il caso di un bambino che fa un episodio di febbre, tosse e raffreddore che durano 3-4 giorni una volta al mese nel periodo scolastico, da quello di un bambino che fa un episodio alla settimana o episodi che durano più di 3-4 giorni o che ad ogni infezione virale fa un'asma o un'otite batterica. A seconda dei casi può essere opportuno effettuare un approfondimento sulla risposta immunitaria, che potrebbe essere scarsa o esagerata, o sulla possibile presenza di un'allergia (che potrebbe essere corresponsabile di un'asma)".

 

Quanto può aiutare il vaccino per prevenire l'influenza?

"Bisogna fare una distinzione. Da una parte ci sono i cosiddetti vaccini anticatarrali, molto richiesti dalle mamme, ma che in realtà non si sono mai dimostrati essere realmente efficaci: non danno un concreto beneficio nella diminuzione delle infezioni virali e comunque mai sono utili in via preventiva. Dall'altra parte ci sono i vaccini classici. Mi sembra giusto citare il vaccino antipneumococcico (può essere fatto già dal primo anno di vita) che, oltre a prevenire la meningite da pneumococco, previene anche la polmonite da pneumococco, che è la principale complicanza batterica polmonare delle virosi. L'altro vaccino di cui vale la pena parlare è quello contro l'influenza vera: ogni anno prima dell'inverno si parla dell'opportunità di una campagna di vaccinazione di massa dei bambini contro l'influenza. Ci sono i pro e i contro: oggi l'orientamento generale dei pediatri è quello di non vaccinare perché i vaccini che vengono fatti attualmente sono solo parzialmente efficaci e necessitano di un richiamo ogni anno. Il primo anno le dosi sono due. La  malattia, contrariamente a quanto si legge sui giornali ad ogni inizio inverno, non è una malattia più grave delle altre virosi che il bambino comunque prende nel corso dell'inverno. Basta pensare allo scorso anno: si è tanto parlato di allarme influenza, ma alla fine sono stati davvero pochi i casi importanti".

 

Quindi non ha senso vaccinarsi contro l'influenza?

"Potrebbe aver senso per due motivi. Il primo è che vaccinando i bambini si diminuisce globalmente la circolazione del virus nella popolazione perché i bambini sono ovviamente uno dei veicoli della trasmissione del virus al resto della popolazione. Ma a questo punto bisogna decidere se vale la pena "rompere la scatole" a tanti bambini senza dare a loro, a mio parere, un reale vantaggio. Diverso sarà il discorso quando, come accadrà certamente nei prossimi anni, avremo un equivalente vaccino somministrabile per via nasale. L'altro motivo per cui potrebbe aver senso vaccinare i bambini contro l'influenza classica è quello di una prevenzione della contemporanea infezione dell'influenza classica e di quella aviaria, che prima o dopo probabilmente vedremo anche da queste parti. Ma in realtà, allo stato attuale dei fatti, il rischio di aviaria non esiste. È giusto che se ne occupino le istituzioni per monitorare il problema e prepararsi ad affrontarlo (e lo stanno facendo), ma noi non abbiamo motivo di temerla. Vedremo l'anno prossimo".

 

Quale consiglio dare in vista dell'inverno?

"Non vestire i bambini più del necessario e portarli all'aria senza timore che "prendano freddo". Riconsiderare la vaccinazioni contro il pneumococco nei bambini dal primo anno di età. Bisogna parlarne con il pediatra. Nei casi invece di bambini che abbiano avuto molte bronchiti, valutare se in realtà non si tratti di altre patologie, come ad esempio l'asma, e se s'individua un'allergia alla polvere affrontarla con la profilassi ambientale".

 

L'aspirina può servire? E la vitamina C?

"L'aspirina non deve essere usata nei bambini perché si è dimostrata essere concausa di una grave malattia epatica: la sindrome di Reye. L'aspirina comunque non cura l'influenza, semplicemente può attenuarne i sintomi, e per questo va bene qualsiasi altro antinfiammatorio. La vitamina C non fa male, ma non è dimostrato che serva a qualcosa".

 

È consigliabile seguire una particolare alimentazione?

"È inutile cercare di forzare a mangiare un bambino che sta male. Anche se perde un po' di peso non c'è problema, recupererà appena si sarà rimesso in sesto. Al bambino che sta male bisogna dare cose che lui gradisce, per esempio il gelato o lo yogurt alla frutta, e liquidi zuccherati o latte; e, come ho detto prima, non ha senso rinchiuderlo in casa".

Silvia Stern

 

 

 

 

 


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