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Prima di piantare un albero, attenzione ai confini!

 |  Redazione Sconfini

 

Premetto che vivo in una casetta in una zona semiperiferica della mia città e ho la fortuna di avere un piccolo giardino confinante con il terreno del mio vicino di casa, che è ben più

grande del mio. Quest’ultimo qualche settimana fa ha piantato un albero abbastanza grande già adesso (figuriamoci quando crescerà) a pochissimi centimetri dal confine. Penso a non più di 30 centimetri. Una parte dei rami di quest’albero entrano nella mia proprietà fin d’ora. In questo modo perdo aria e luce. Cosa posso fare? Pur essendo io amante del verde e della natura, posso obbligare il mio vicino a spostare l’albero o ad abbatterlo?  (Lettera firmata)

 

Il problema in questione, in questi termini, non è molto sentito nei grandi centri urbani, ma può essere fonte di grandi discussioni tra confinanti nelle fasce residenziali a ridosso delle città e nelle zone più rurali. “Per risolvere questo problema – consiglia il nostro esperto, titolare dello studio di amministrazione stabili SamaritanDaniele Dolce – dobbiamo rifarci all’articolo 892 del Codice civile”.

 

Ecco allora cosa cita l’articolo: «Chi vuol piantare alberi presso il confine deve osservare le distanze stabilite dai regolamenti e, in mancanza, dagli usi locali. Se gli uni e gli altri non dispongono, devono essere osservate le seguenti distanze dal confine:

1) tre metri per gli alberi di alto fusto. Rispetto alle distanze, si considerano alberi di alto fusto quelli il cui fusto, semplice o diviso in rami, sorge ad altezza notevole, come sono i noci, i castagni, le querce, i pini, i cipressi, gli olmi, i pioppi, i platani e simili;

2) un metro e mezzo, per gli alberi di non alto fusto. Sono reputati tali quelli il cui fusto, sorto ad altezza non superiore a tre metri, si diffonde in rami;

3) mezzo metro per le viti, gli arbusti, le siepi vive, le piante da frutto di altezza non maggiore di due metri e mezzo.

La distanza deve essere però di un metro, qualora le siepi siano di ontano, di castagno o di altre piante simili che si recidono periodicamente vicino al ceppo, e di due metri per le siepi di roaltbinie. La distanza si misura dalla linea del confine alla base esterna del tronco dell’albero nel tempo della piantagione, o dalla linea stessa al luogo dove fu fatta la semina. Le distanze anzidette non si devono osservare se sul confine esiste un muro divisorio, proprio o comune, purché le piante siano tenute ad altezza che non ecceda la sommità del muro».

 

“Al nostro lettore pertanto – afferma Dolce – consigliamo di informarsi in prima battuta sugli usi locali riguardo questo argomento o se esistono regolamenti specifici. Se, come probabilmente sarà, essi non esistono o rimandano all’articolo 892 del Codice civile, egli avrà tutto il diritto di chiedere al suo vicino di spostare l’albero di almeno altri due metri e mezzo da quanto sembra dalla descrizione fatta”. “In ogni caso però – aggiunge il nostro esperto – la legge ricorda che, anche se gli alberi sono piantati alla giusta distanza, il vicino del proprietario dell’albero ha diritto di pretendere che i rami non entrino nella sua proprietà, costringendo quindi il proprietario a tagliare i rami che sconfinano”.

 

Ma l’articolo 896 del Codice civile va addirittura oltre, stabilendo chiaramente le regole non solo per i rami sconfinanti, ma anche per le radici e i frutti degli alberi. Ecco cosa si legge in questo interessante articolo: «Quegli sul cui fondo si protendono i rami degli alberi del vicino può in qualunque tempo costringerlo a tagliarli, e può egli stesso tagliare le radici che si addentrano nel suo fondo, salvi però in ambedue i casi i regolamenti e gli usi locali. Se gli usi locali non dispongono diversamente, i frutti naturalmente caduti dai rami protesi sul fondo del vicino appartengono al proprietario del fondo su cui sono caduti. Se a norma degli usi locali i frutti appartengono al proprietario dell’albero, per la raccolta di essi si applica il disposto dell’articolo 843».

 

Queste possono sembrare cause di altri tempi, legate ad un periodo in cui la società italiana era meno urbanizzata e maggiormente rurale, ma nella realtà dei fatti sono migliaia le cause di questo tipo che annualmente intasano i tribunali italiani e gli uffici dei giudici di pace.

Giuseppe Morea

 

 

In collaborazione con Help!

 

 


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