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Frederic Köberl

Ingiusta detenzione: viaggio nel dramma degli errori giudiziari

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È un tema che negli ultimi tempi ha riempito troppo spesso le pagine dei giornali, scatenando lo sdegno e la vergogna di tutti noi italiani: dramma ormai sin troppo protagonista nella storia del nostro Paese, ha coinvolto famosi e gente comune, cittadini poveri e ricchi, esponenti di destra e di sinistra, giovani e meno giovani.

Si tratta di un fenomeno che in Italia sta avendo un’espansione notevolmente preoccupante, testimoniata dalle più recenti statistiche: risulta infatti che dal 2003 ad oggi gli errori giudiziari hanno colpito ben quattro milioni di persone. Una cifra enorme, specie se si pensa al trauma psicologico subito da ciascuno dei cittadini coinvolti nel dramma e ai costi che queste “sviste” giudiziarie impongono allo Stato italiano: ogni giorno di ingiusta detenzione costa all’Italia 235 euro, cifra ridotta della metà in caso di arresti domiciliari, a causa della minore affettività. Il numero dei risarcimenti si eleva esponenzialmente a 36mila l’anno per l’irragionevole durata del processo, senza contare che i casi di errore giudiziario che contemplano una revisione processuale sfiorano il numero di 100 ogni anno. Una piaga davvero dolorosa, dalla quale nessuno deve considerarsi escluso perché potrebbe colpire chiunque sconvolgendo una vita normale da un momento all’altro, e dalla quale ognuno deve avere la possibilità di uscire, soprattutto grazie all’aiuto di un buon difensore. Abbiamo rivolto qualche domanda all’avvocato penalista Martino Fogliato del foro di Belluno, titolare dello Studio legale “Effe” e specializzato nel seguire casi di ingiusta detenzione ed errori giudiziari. Avvocato, che cosa si intende per ingiusta detenzione? “Secondo l’articolo 314 del Codice di procedura penale si realizza ingiusta detenzione nel caso in cui all’esito di un processo un imputato viene riconosciuto innocente per non aver commesso il fatto, perché il fatto non costituisce reato oppure perché il fatto non è previsto dalla legge come reato. Inoltre la custodia cautelare viene definita illegittima quando questa è stata vissuta da un imputato prosciolto per qualsiasi causa, o da un condannato che nel corso del processo è stato sottoposto a custodia cautelare senza che ne sussistessero le condizioni di applicabilità”. Quali sono i passi da compiere per ottenere un risarcimento qualora una persona venga travolta da un errore giudiziario e rimanga vittima di un periodo di ingiusta detenzione? “Il soggetto in questione deve innanzitutto rivolgersi ad un buon avvocato, che di solito è lo stesso che lo ha seguito sin dall’inizio della “traversia giudiziaria”. Una volta esposto il proprio caso, si procede a recuperare copia di tutti gli atti del processo, poi si redige la domanda di riparazione per ingiusta detenzione, che va redatta in triplice copia e sottoscritta dal soggetto coinvolto nel caso. Tali copie vanno presentate alla Cancelleria della Corte d’Appello competente assieme alla sentenza di assoluzione con attestazione di irrevocabilità, al certificato dei carichi pendenti, alle dichiarazioni rese al Giudice delle indagini preliminari o al Pubblico Ministero e infine alla fotocopia del documento di riconoscimento e del codice fiscale”. Come ci si comporta nel caso in cui la vittima sia stata costretta agli arresti domiciliari? “Nel caso in cui l’ex imputato sia stato sottoposto ad arresti domiciliari questa documentazione viene integrata anche con il provvedimento di concessione degli arresti domiciliari e l’ordine di scarcerazione, la posizione giuridica da richiedere all’ultimo carcere di detenzione previa autorizzazione della Corte d’Appello e con gli atti del procedimento da cui si evince che il ricorrente non ha concorso a dar causa alla sua carcerazione per dolo o colpa grave. Tutti i documenti a corredo dell’istanza possono essere depositati in carta semplice e per la loro richiesta non è dovuto alcun diritto di cancelleria”. Chiunque resti vittima di un errore giudiziario può pretendere un risarcimento in denaro? “Diciamo che la riparazione segue l’iter sopra esposto solo nei casi in cui ci sia stata privazione di libertà accertata poi come errata nel processo. Negli altri casi, ossia quando non c’è stata privazione di libertà ma solo errore grave, si dovrà intentare una causa civile al Ministero e al Magistrato con l’obbligo però di dimostrare la grave negligenza (cosa assai complessa). Ritornando alla riparazione e al risarcimento previsto, per il calcolo del quantum in materia di indennizzo da ingiusta detenzione l’avvocato dovrà considerare attentamente e concretamente le sofferenze patite dal proprio assistito, esaminandone la personalità, la storia personale, il suo ruolo sociale e professionale, le conseguenze pregiudizievoli concretamente patite e la connessione eziologica con l’ingiusta detenzione patita. L’entità della riparazione che il cittadino può chiedere tramite il proprio legale non può superare i 546.456,90 euro”. Entro quanto tempo è necessario inoltrare la domanda di riparazione? “La domanda di riparazione deve essere proposta entro due anni dal giorno in cui la sentenza di proscioglimento o di condanna è diventata irrevocabile oppure da quando la sentenza di non luogo a procedere diventa inoppugnabile o alternativamente da quando il provvedimento di archiviazione viene notificato alla persona interessata”. Francesca Fogliato


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