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Toa Heftiba

Diritti umani: tratta, ogni anno quasi un milione le vittime

 |  redazionehelp

Un problema sociale, quello della tratta, piuttosto grave, in quanto mette a rischio i diritti fondamentali dell’uomo, in particolare il diritto alla vita, alla libera scelta e al libero movimento.

Una questione che trova tra le sue ragioni motrici il profitto economico: la tratta figura infatti tra le tre attività criminali più redditizie al mondo, muovendo qualcosa, riferiscono alcuni organismi internazionali, come più di 507 miliardi di dollari all’anno. Le stime concernenti il numero delle vittime della tratta oscillano tra le 700 e le 900mila persone all’anno. Può essere inoltre interessante sapere che in base all’art. 3 della Convenzione delle Nazioni Unite contro il crimine organizzato internazionale, il consenso delle vittime della tratta è irrilevante, e cioè non diminuisce la colpevolezza del trafficante. Specie se all’estero, le vittime dipendono infatti pressoché totalmente dai loro aguzzini, sia per quanto concerne il vitto e l’alloggio, che per i documenti e il trasporto.
Il fenomeno della tratta è un problema universale: non vi sono Paesi esclusi, in quanto, come per ogni attività commerciale, ad ogni venditore corrisponde uno o più acquirenti, e ad ogni merce un mercato. Tra i principali fattori dello sviluppo della tratta vi è una serie di “circostanze generali” presenti nei Paesi in fase di transizione, e quindi con cambiamenti politici, sociali e culturali, inclusa la redistribuzione del potere economico, specie in situazioni di crescente povertà e disoccupazione. La crescita costante di persone alla disperata ricerca di lavoro alimenta il mercato del lavoro nero, facilitando notevolmente l’attività dei trafficanti. I più vulnerabili, ovviamente, sono le donne e i bambini.
Le ripercussioni politico-economiche dell’ultimo conflitto balcanico che ha coinvolto la Bosnia Erzegovina, sono evidenti e ormai piuttosto note. Tra le conseguenze vi è pure la tratta di donne (ma anche di uomini). Un fenomeno presente e che il governo nazionale sta cercando di contrastare e che se inizialmente vedeva tra i “soci in affari” molti vicini Paesi europei (tra cui pure l’Italia), negli ultimi anni si è modificato privilegiando il mercato interno, e quindi lo spostamento delle merci/persone da una città all’altra, onde evitare i problemi legati al controllo dei documenti e rimanere dunque maggiormente nell’ombra.
“La tratta delle donne e degli esseri umani in Bosnia – sottolinea un operatore italiano che segue da vicino la questione – è un problema che esiste, ma che, per fortuna, non raggiunge cifre rilevanti in confronto ad altri Paesi. Tuttavia non va trascurato, perché ogni singola persona va tutelata. Il fenomeno va contrastato a priori, anche attraverso la creazione di un’adeguata rete tra enti, associazioni e istituzioni”. Proprio in risposta a questa necessità è da poco nata a Mostar “New Road Bih – Choose the right road”, giovane associazione non governativa fondata da un gruppo di giovani donne che hanno deciso di lottare contro il problema della tratta, non solo impegnandosi a partecipare nella creazione di una forte rete nazionale e internazionale capace di contrastare questo tipo di attività criminali, ma anche attraverso un programma di educazione e prevenzione, soprattutto tra i giovani, per cercare di contenere il problema alla radice. “Oltre all’organizzazione di incontri formativi su più livelli – riferisce un esponente – e il coinvolgimento dei media, siamo in via di costituzione di un numero verde per offrire un servizio di counselling per le vittime della tratta e le loro famiglie, ma anche di informazione per i singoli cittadini riguardo al problema, così come riguardo a ogni altro tipo di violazione”.
Le vittime della tratta in Bosnia Erzegovina sono per lo più cittadini dello stesso Paese che vengono circuiti soprattutto per essere sfruttati, sia all’interno della Bosnia Erzegovina che in altri Paesi europei. Tra i principali partner in questo triste commercio soprattutto Serbia e Montenegro. Oltre alla tratta di esseri umani sono pure presenti, nel Paese, situazioni di schiavitù e matrimoni forzati, così come pure bambini costretti all’accattonaggio. Nel 2009 è stato individuato un gruppo di uomini reclutati per lavoro e in seguito trasferiti forzatamente in Azerbaijan per lavorare. Di fronte a queste emergenze il governo si sta attivando: nel 2009 è riuscito a far emergere 14 casi ed è riuscito a portare in tribunale uno dei più importanti trafficanti di persone, condannato in seguito a 12 anni di reclusione, una pena pecuniaria di 14.286 dollari e una confisca di beni per un valore complessivo di circa 204.600 dollari. Ulteriori risultati sono stati ottenuti anche nel 2010.
“Tuttavia – rileva un altro rappresentante della nuova associazione di Mostar – nel nostro Paese continua a sussistere una serie di pregiudizi sulla tratta degli esseri umani, il cui sradicamento è fondamentale per cercare di contrastare il crimine organizzato”. Quali sono questi pregiudizi? “Il primo è che si accusano le ragazze vittime di tratta di esser finite nella loro condizione a causa di un atteggiamento troppo ingenuo. Il che non è affatto vero perché è noto che i trafficanti sono spesso persone vicine alle loro vittime, e quindi padri, fratelli o amici. C’è poi chi confonde la tratta con la prostituzione. Invece una donna vittima di tratta obbligata a prostituirsi non ha alcun diritto di scelta o decisione; una donna libera può invece diventare prostituta per scelta”. C’è pure chi definisce la tratta una sorta di “commercio di schiavi bianchi”… “Anche questo è falso – ci viene invece spiegato – perché quello della tratta è un problema trasversale che non guarda ad alcuna etnia, credo religioso, estrazione sociale od altro ancora”. L’ultimo pregiudizio riguarda la convinzione che le vittime della tratta siano per lo più ragazze straniere. Convinzione clamorosamente scongiurata dagli ultimi dati che dimostrano come in Bosnia Erzegovina sia in aumento proprio il mercato interno.
Va sottolineato, infine, come tra i principali fattori che portano le persone a finire vittime della tratta non figurano solo disoccupazione, povertà ed educazione, ma anche, ad esempio, il desiderio di fuggire da una situazione di sfruttamento o violenza all’interno delle pareti domestiche. In questo donne e bambini sono i soggetti più svantaggiati, soprattutto, per quanto riguarda la donna, dal sussistere – ed acuirsi nei momenti di crisi – degli stereotipi e della discriminazione di genere all’interno del mercato del lavoro ma anche nella distribuzione dei ruoli all’interno della famiglia.
Corinna Opara


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