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La Boschi in giro per l'Italia per il "Sì" al referendum. Può farlo? E chi paga?

 |  Redazione Sconfini

Sarà un ottobre molto caldo per il governo Renzi, atteso alla prova referendaria definitiva sul suo operato per quanto concerne le riforme Costituzionali.

 

Volute caldamente da Napolitano, Verdini, la P2 e i dal giglio magico renziano, tutte le nuove norme sono ascrivibili alla Ministra per le Riforme e i Rapporti con il Parlamento Maria Elena Boschi. Proprio lei, accompagnata dallo scudiero Luciano Violante e dall'imparziale direttore del Tg1 Mario Orfeo, ha iniziato da Palermo a battere l'Italia per sostenere il fronte del "Sì".

Due sono le domande che ci pone questa discesa in campo. Si tratta di una normale dialettica tra Comitati? O c'è qualcosa che non torna? Ma soprattutto: è possibile che la campagna referendaria per il Sì sia pagata anche da chi si oppone?

I viaggi della musa renziana costano un occhio delle testa, poi ci sono gli alberghi, le indennità di trasferta per i funzionari al seguito, gli spostamenti, le scorte, i noleggi, i ristoranti. Normalmente i comitati si autofinanziano oppure vengono loro destinati fondi da parte di partiti che girano una (infinitesimale) parte dei rimborsi elettorali per questi fini. Si tratta però di soldi limitati, di provenienza comunque privata.

Qui invece il comitato del Sì può disporre di un plafond di soldi pubblici praticamente illimitati, dell'asservimento formale del principale Telegiornale nazionale e di una pattuglia di politici e politicanti locali che faranno da cassa di risonanza allo stesso governo che ha promosso questa controriforma.

Questa riflessione economica non indebolisce poi il fatto che il governo stia compiendo comunque un'attività gravemente lesiva della democrazia, inquinando pesantemente con l'uso di una sproporzione di forze indicibile, la campagna referendaria.

Per questo è lecito parlare di possibile danno erariale e voto inquinato.


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