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Politica e giovani: due mondi ancora troppo lontani

 |  Redazione Sconfini

 

Con l’avvicinarsi delle ultime elezioni politiche abbiamo potuto notare come tutti i mass media abbiano dato sempre maggior spazio alla pagina politica, dando risalto alle

opinioni di ciascuno schieramento e cercando così di informare e di orientare gli italiani verso la scelta più opportuna. Nonostante ciò bastava uscire per la strada e fare quattro chiacchiere con la gente per capire come le questioni politiche del nostro Paese hanno avuto come maggiore effetto la diffusione di un clima di malcontento, disillusione ed incertezza, evidente soprattutto tra la popolazione giovanile. Non è difficile capire le ragioni di questo fenomeno: i giovani d’oggi devono, infatti, scontrarsi con una realtà dominata da fattori che rendono difficili le condizioni sociali, e negli ultimi anni si sono dimostrati essere i destinatari di iniziative governative che hanno prodotto solo incertezza e precariato.

 

Da numerosi studi condotti sulla popolazione italiana emerge come i ragazzi di età compresa tra i 18 e i 35 anni, qualsiasi sia il ceto sociale cui appartengono, avvertono chiaramente tutti i difetti della nostra società e si sentono ricordati dai politici solo durante le campagne elettorali, aspetto questo che non crea in loro nessuna passione per i partiti e alimenta una crescente insofferenza per la lentezza dei tempi e l’incapacità di azione. I pochi giovanalti, poi, che tentano di accostarsi alla vita politica italiana sono così pochi e scarsamente considerati da formare una classe in concreto inesistente: da un lato infatti quelli che hanno coltivato degli ideali politici sono decisamente rari, potremmo definirli “mosche bianche” in una società dominata da valori vuoti e preconfezionati, pratiche realtà “mordi e fuggi” create ad hoc per limitare l’uso del cervello; dall’altro invece quelli che cercano di impegnarsi attivamente in politica vengono raramente ascoltati dai leader di partito, pochi dei quali sanno raramente prendere in considerazione nuove proposte.

 

Non ci si può quindi meravigliare se molti giovani hanno un’opinione negativa della politica, provano sentimenti di rabbia, diffidenza e noia verso la politica tanto da allontanarsene del tutto. Il mensile Help! ha voluto approfondire questo importante aspetto della realtà in cui viviamo attraverso la voce di sei giovani differenti per età, professione e stile di vita, i quali hanno voluto raccontare che cosa pensano della politica italiana e che cosa si aspettano davvero da chi ci governa.

 

Che cosa ne pensi del quadro politico italiano?

Giulia, 26 anni, laureata in Giurisprudenza e impiegata comunale: “Direi che il nostro quadro politico ha un aspetto devastante: i politici sono in grado di fare solo promesse che poi non sanno mantenere. La sensazione che ho è che il loro unico scopo sia quello di raggiungere e soprattutto mantenere il potere conquistato”.

Martino, 34 anni, avvocato penalista: “Penso che ci sia ancora molta confusione perché non c’è stato ancora un ricambio generazionale della politica. Saremo pronti a un vero bipolarismo solo quando verranno rimosse le figure politiche di vecchia data che hanno una mentalità inadatta ai tempi del Paese”.

Petra, 23 anni, estetista: “Attualmente siamo governati da soggetti che agiscono con il solo scopo di fare i propri interessi e non quelli del popolo italiano, evitando accuratamente di tradurre in fatti concreti tutto quello che viene promesso in campagna elettorale”.

Emiliano, 25 anni, tecnologo alimentare: “Penso che la politica italiana sia dominata sempre dalle solite persone, che ricoprono inesorabilmente le stesse cariche e che mirano solo a conservare la posizione ottenuta. Con questo però non voglio dire che i giovani rappresentino per forza l’alternativa migliore, né che tutti i politici italiani siano persone negative: ci sono anche leader di partito molto validi che sanno dare prova di grandi capacità anche e soprattutto in virtù della loro esperienza”.

Adriana, 33 anni, segretaria: “Credo che la situazione sia poco chiara e che nessun cittadino si possa definire rappresentato dai politici del Paese”.

Filippo, 26 anni, studente di Ingegneria: “Il mio giudizio è totalmente negativo: l’incapacità si somma a una mancanza di volontà e talvolta alla malafede di personaggi che hanno costruito un sistema a loro uso e consumo. Non mi sento comunque vicino alle idee di quanti puntano il dito contro la classe politica: secondo me la colpa di questa crisi non è da attribuire solo ai parlamentari ma anche agli italiani, perché il panorama politico è espressione diretta di un degrado sociale e morale della società della quale tutti noi facciamo parte. A ciò si aggiungono altri pessimi fattori, come un sistema elettorale privo di senso, un’ampia (ma per fortuna non unica) categoria di giornalisti che non collabora per favorire l’informazione del cittadino, un sistema giudiziario allo sbando che accresce la distanza tra le persone e lo Stato, minando lo spirito civico dei singoli”.

 

Ti interessi alle notizie politiche?

Giulia: “Sì, cerco di informarmi guardando la televisione o leggendo i giornali, ma trovo che i programmi dei partiti siano poco convincenti e scarsamente comprensibili”.

Martino: “Sì perché la politica è una componente fondamentale della vita del Paese, senza la quale non c’è economia e quindi non c’è ricchezza”.

Petra: “No, ormai le notizie politiche non mi interessano più. Ho sempre cercato di avvicinarmi a questo mondo attraverso i dibattiti che vengono trasmessi in televisione, ma ormai ho capito quanto sia inutile assistere al modo in cui i politici italiani cercano di prenderci in giro… così cambio canale ed evito di rovinarmi la giornata”.

Emiliano: “Sì perché sento la necessità di tenermi informato su una realtà che inevitabilmente interessa e condiziona la mia vita presente e futura”.

Adriana: “Sì, ma superficialmente, perché ormai ho maturato una vera repulsione verso un mondo governato dall’omologazione e privo di ideali in cui riconoscersi”.

Filippo: “In passato mi sono sempre interessato alla situazione politica italiana, comprando riviste e seguendo trasmissioni televisive a tema; adesso, nonostante credo che questi mezzi svolgano ancora un servizio di qualità per il cittadino, sto manifestando un totale disinteresse motivato da un sentimento di profonda sfiducia. Penso comunque che sia difficile rimanere completamente estranei a questa realtà, in quanto siamo quotidianamente sottoposti ad un attacco mediatico da cui è complicato difendersi e che spesso genera più confusione che consapevolezza: nel mio caso tutto ciò ha generato una crisi di rigetto”.

 

Che cosa i politici italiani dovrebbero cambiare nel loro modo di agire?

Giulia: “Secondo me dovrebbero rispecchiare di più la mentalità giovanile, liberandosi da forme mentali antiche, e sarebbe giusto che ci fossero leader politici più giovani in grado di fare i nostri interessi”.

Martino: “Quando salgono al potere dovrebbero ricordarsi più spesso delle idee e soprattutto dell’identità che avevano prima di entrare in politica”.

Petra: “Dovrebbero imparare a conoscere più da vicino la realtà del Paese, cercando di ascoltare le difficoltà e i desideri della gente”.

Emiliano: “Dovrebbero pensare un po’ meno a mantenere la poltrona e mettere al primo posto l’interesse del Paese e quindi del cittadino, anche a costo di andare controcorrente e di sembrare impopolari: alla gente in fondo interessa vivere bene, e se ciò comporta la necessità di prendere decisioni che sembrano ingiuste bisogna farlo, imparando a motivarle con un’informazione più corretta”.

Adriana: “Dovrebbero riuscire ad essere più sinceri. I politici si comportano in maniera scorretta, non sono in grado di promettere nulla né di proporre qualcosa di buono”.

Filippo: “L’aspetto più fastidioso è dato dall’incapacità dei politici di ammettere che sono state fatte delle scelte sbagliate. Non sanno assumersi le responsabilità delle loro azioni, tant’è che da quando ho iniziato a votare mi sono reso conto che troppi sono quelli che dovrebbero fare il mea culpa e che tutti o quasi si rifiutano di farlo”.

 

Quanto sono comprensibili per te le parole e le azioni dei politici?

Giulia: “Molto poco, o meglio trovo che parlino in un modo ma che agiscano diversamente. La loro ipocrisia è inaudita, come i paradossi cui si affidano pensando di imbrogliare la gente… come se questa fosse formata da individui totalmente stupidi”.

Martino: “Le parole sono comprensibili, le strategie ancora no perché abbiamo un sistema politico ed elettorale che serve il partito e non il cittadino. Quando questa situazione cambierà avremo risolto il 40% dei problemi della politica italiana”.

Petra: “Poco, d’altra parte è chiaro come i politici italiani non facciano altro che perdersi in discorsi vuoti senza mai affrontare i reali problemi della gente”.

Emiliano: “Secondo me le parole sono poco comprensibili perché i politici non sanno comunicare e spiegare quello che fanno; ogni volta che avrebbero l’opportunità di farlo riducono il tutto al solito scontro fra partiti, con l’unico risultato di non arrivare ad alcuna conclusione e far perdere al confronto tutto il suo valore costruttivo”.

Adriana: “Credo che le parole e le azioni siano anche troppo comprensibili: non è vero che la gente non è informata e non capisce ciò che viene fatto o detto. Purtroppo ognuno di noi ormai sa bene cosa i politici sanno ma soprattutto non sanno o non vogliono fare…”.

Filippo: “Sono molto comprensibili. I politici parlano per luoghi comuni e fanno molta demagogia rivendicando soprattutto una superiorità morale rispetto al proprio avversario, sentimento tanto finto quanto inutile. Pongono l’attenzione sui temi caldi del momento senza però proporre effettive soluzioni, e realizzano programmi che sembrano una coperta corta: coprono da una parte e scoprono dall’altra! Sembra che ormai non capire un politico sia diventato un vantaggio”.

 

Se potessi rivolgerti al Presidente del Consiglio, cosa gli domanderesti?

Giulia: “Gli chiederei di aiutare i giovani a trovare un lavoro sicuro, consentendo loro di realizzare i progetti per il proprio futuro: basta con il precariato!”.

Martino: “Gli chiederei di detassare il reddito dei giovani lavoratori (dipendenti e liberi professionisti) per i primi 7-10 anni di impiego: solo così sarà possibile spingerli a investire di più”.

Petra: “Gli chiederei di trascorrere mezza giornata nella mia attività: solo così potrebbe rendersi conto delle responsabilità e delle problematiche che i lavoratori italiani devono affrontare ogni giorno per guadagnarsi da vivere”.

Emiliano: “Gli farei presente che chi ricopre una carica come la sua non deve agire con il solo scopo di essere rieletto, ma deve credere realmente in ciò che fa, senza piegarsi alle logiche di potere e ai dietrologismi tipici dell’ambiente politico”.

Adriana: “Gli chiederei di porre fine agli scontri di basso livello e di incentivare più confronti costruttivi fra gli schieramenti politici, un maggior aiuto per i giovani, che sono il nostro futuro e devono avere la possibilità di realizzarsi pienamente, e infine di smetterla con il clientelismo continuo, tipico del nostro Paese e responsabile di molti problemi che purtroppo lo caratterizzano”.

Filippo: “Gli farei questa domanda: «Lei è sicuramente consapevole della difficile situazione italiana e la sua scelta di candidarsi non può che rispecchiare la convinzione di avere le capacità per migliorarla. Qualora durante il suo mandato non ci fossero miglioramenti per il Paese, se la sente di assumersi l’obbligo morale di ammettere il suo fallimento e di non dare la colpa alla situazione creata dai governi precedenti?»”.

 

Francesca Fogliato

 

 In collaborazione con Help!

 

 


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